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Marina Piperno: "I miei film erano i miei figli"



Le ragioni della scelta start 00:00:00end 00:07:05 Marina Piperno racconta le ragioni che, nonostante due aborti spontanei, l'hanno portata a non problematizzare il non avere figli: il rapporto con la madre, la paura del dolore fisico, il rapporto con il sesso, la realizzazione lavorativa.trascrizione MARINA PIPERNO: "Io non ho figli. Ho avuto due possibilità di averli però dopo un mese, un mese e mezzo di gravidanza sono stati due aborti naturali.
Direi che non è mai stato un mio grande problema avere figli, cioè non ho mai focalizzato la mia vita sul discorso di avere figli. Non era tanto importante. Non è mai stato tanto importante per me. Se fossero venuti li avrei accolti, forse sarei stata anche felice di averli ma il fatto che non mi siano venuti non mi ha creato nessunissimo problema perché mi sentivo comunque compensata da tutto quello che facevo: il mio lavoro, la mia vita, i miei rapporti... e quindi il problema figli visto come una necessità, come molte donne hanno, insomma amiche che io conosco, una necessità impellente, per me non è mai esistito forse per motivi, come per tutti, anche di carattere psicologico, forse perché io sono nata in un'epoca… Io sono nata nel 1935 e dunque, quando avevo vent'anni era, direi, obbligatorio sposarsi e avere dei figli. Io ho sempre sentito questa problematica, questa necessità assoluta per le femmine, per le donne, in un certo ambito medio-borghese: questo fatto di dovere avere i figli come completamento di se stesse, mi sembrava un limite pazzesco. Mi terrorizzava.
Diciamo, anche così brutalmente, che non volevo essere come mia madre, che poi è sempre quello; nel senso che io avevo una madre che è stata figlia del suo tempo, una cosa che io ho capito molti anni dopo. Io ho avuto sempre un rapporto conflittuale con lei, ma solo dopo molti anni, cioè in realtà da poco, un po' in ritardo insomma, mi sono resa conto, anche con l'aiuto di Luigi, perché ne abbiamo parlato molte volte, che in fondo lei era una donna del suo tempo. Era nata nel 1912, si è sposata a vent'anni con un uomo che aveva tredici anni più di lei e che quindi sicuramente è stato il mentore, il padrone, quello che la indirizzava… Aveva fatto il liceo, mia madre, per essere quel periodo era già qualcosa, però non aveva fatto l'università perché mio nonno non mandava le figlie all'università perché era una cosa pericolosa andare all'università da sole; quindi diciamo per lei sposarsi e avere dei figli è stato naturale, non so quanto sia stato voluto realmente, cioè chissà... anche perché lei non ne ha mai parlato quindi non l'ho mai saputo, però sta di fatto che mia madre era una donna forse molto timida e questa timidezza giocava in lei un ruolo quasi di superbia: sembrava sempre una donna molto superba, la chiamavano la principessa, era sempre molto distante da tutto e io ho avuto con lei un rapporto molto conflittuale ma ai livelli più minimi. Non so, io avevo i capelli ricci, lei forse voleva che i capelli fossero lisci. Io queste cose le ho dette in un film che mi riguarda, "Storie di una donna amata e di un assassino gentile". E quindi questa problematica di essere madre l'ho legata molto probabilmente alla sua figura e anche alle figure delle zie, dei parenti più stretti, vedendola come un ghetto, come qualcosa che ti limitava la possibilità di muoverti. Oggi è diverso. Oggi una ragazza di vent'anni può avere figli e fare altro; allora però negli anni '50, sembrava quasi che fosse una l'esclusione dell'altra, cioè avere figli… ed è un problema che non ho mai sentito in maniera particolare. Quando poi ho cominciato a lavorare, io ho cominciato molto presto facendo la giornalista, facendo l'inviato speciale di sport invernali, poi ho scritto articoli, sono entrata nella redazione de Il Paese: c'era questo critico Aldo Scagnetti col quale collaboravo e ho fatto interviste a gente di cinema, registi ed altro... Questo lavoro mi completava molto quindi la problematica "sposarsi, avere i figli" mi interessava dal punto di vista del rapporto con l'altro perché io ho sempre avuto necessità e voglia di avere un rapporto con l'altro, con l'uomo, con una persona con la quale mi trovassi in sintonia ma i figli erano una cosa in più, non voglio dire un fastidio... poi c'era secondo me una cosa che ho scoperto col passare degli anni, e che era un discorso di tipo forse sessuofobico, nel senso che se tu hai un figlio vuol dire che sei andata a letto con l'uomo con cui stai, allora marito, perché non si parlava molto di avere rapporti al di fuori del matrimonio e questo fatto mi sembrava un fatto che tutti avrebbero visto, perché se una ha la pancia vuol dire che tu hai avuto un rapporto di sesso e probabilmente, venendo da una madre che queste cose le guardava dall'alto in basso, non ne parlava mai, sentivo un senso di colpevolezza, perché io ho fatto un'analisi psicologica di questo discorso; quindi le due cose si sono probabilmente intrecciate, cioè, da una parte questa, come dire, quasi vergogna di mostrare che una era incinta e che quindi aveva avuto un rapporto sessuale, anche se era tuo marito, e l'altro il fatto di sentirlo come un grosso impedimento a un discorso sulla mia libertà, quello che volevo fare, a come mi volevo muovere, ero considerata una persona abbastanza ribelle, autonoma e quindi… E poi anche un'altra cosa che avevo: avevo anche una grossa paura del dolore fisico, di quello che sarebbe accaduto, tenendo conto che di tutto questo io non ho mai parlato con mia madre per esempio. Cioè quando io mi sono sposata la prima volta, poi avevo ventitré anni, non ero proprio una quindicenne, però io da parte di mia madre non ho mai avuto nessuna informazione di nessun tipo e quindi tutto questo ha creato…"
soggetto anni Cinquanta madre aborto cinema sofferenza famiglia d'origine sessuofobia senso di colpa persone citate Scagnetti, Aldo (giornalista) [persona citata] Faccini, Luigi (regista) [persona citata]


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