Pier Paolo Pasolini si presenta come “lunàdigo”, uomo senza figli, e omaggia le donne della sua vita: Maria Callas – Medea, Laura Betti e la madre Susanna.
La raccolta scritta “Monologhi impossibili” di Carlo A. Borghi, raduna le voci, le parole e le idee di tante donne (e uomini) reali e immaginarie, accomunate dalla scelta di non aver avuto figli. Un bel gruppo di lunàdigas ante litteram. I Monologhi impossibili, attraverso un viaggio nel Tempo, danno voce sia a reali personaggi storici vissuti in altre epoche quali eroine, dive del cinema, artiste, poetesse, mistiche, banditesse e altre, sia a figure del Mito e dei fumetti, e ancora alle donne e agli uomini della letteratura antica e moderna. Donne (e uomini) forti e risolute, celebri e non solo, che siano state anche involontariamente un riferimento per la scelta di essere Lunàdigas. Il titolo Monologhi impossibili si riferisce esplicitamente alla famosa serie radiofonica degli anni Settanta intitolata “Le interviste impossibili”.
Vuoi ascoltare e leggere altre testimonianze? Sostieni l’archivio vivo di Lunàdigas!
Ecco la trascrizione completa del video:
« È stato per via di Maria che mi son deciso a dire di me come uomo senza figli.
Né padre, né marito. Solo figlio e frocio.
Quando dico Maria, intendo Maria Callas e quando dico Callas intendo Medea.
A Maria Medea ho voluto bene quanto a mia madre Susanna. A momenti anche di più.
Sono stato la sua consolazione e lei è stata la rappresentazione figurativa della femmina che era in me. Lunàdiga lei, lunàdigo io.
Di me è stato detto tutto, ma solo qui racconto che mi è sembrato di partorire mentre mi pestavano a morte, quarant’anni fa.
Quella creatura che nasceva da me e moriva nello stesso tempo aveva la forma di una gastrocefala, con il pube che fa un tutt’uno con la testa.
C’è stata un’altra donna nella mia esistenza di ragazzo di vita e homo intellectualis.
Laura Betti, che di tutto ha fatto (e avrebbe potuto fare anche di più) meno che un figlio.
Sesso, consolazione della miseria. Avevo intitolato così un pugno di versi ispirati a una prostituta. Consolatrice di miserie borgatare (e non solo), in mezzo a mandrie di palazzoni appena cresciuti che da grandi volevano fare i grattacieli americani.
Nei pratoni delle borgate romane si coglievano fiori carnosi e carnivori delle mille e una notte di Mamma Roma.
In verità ora affermo che essere posseduti è meglio che possedere.
Lo dico ricordando Fabio Mauri che mi aveva esposto proiettandomi addosso il Vangelo; così come adesso sento proiettato addosso il viso della mia Medea. »
Vuoi ascoltare e leggere altre testimonianze? Sostieni l’archivio vivo di Lunàdigas!