skip to Main Content

Dalla bottega di cucito Così fan tutte, creata dopo essersi dedicata con inesauribile energia all’insegnamento, alla regia televisiva e all’associazionismo, Nives racconta il percorso che l’ha portata serenamente a condividere la vita insieme al consorte senza avere figli.
Nives è mancata il 10 agosto 2021 a Bolzano.

Vuoi ascoltare e leggere altre testimonianze? Sostieni l’archivio vivo di Lunàdigas!

Ecco la trascrizione completa del video:

« Allora vediamo un po’, il rosso, no il rosso no, l’ago, ecco qua! – Allora io sono una signora di una certa età ormai, sono nata nel ‘46, sono una signora senza… senza figli, potrei dire anche senza marito, ma non è del tutto vero perché io posseggo, diciamo così, un consorte da ben 50 e rotti anni, ci siamo conosciuti sui banchi di scuola. Non lo chiamo marito ovviamente perché non ho nessun diritto di chiamarlo tale, preferisco oltretutto il termine consorte perché è proprio l’uomo che divide con me la mia sorte di vita. Abbiamo deciso, abbiamo deciso insomma dai via, diciamo, ho deciso io già tanti anni fa che non avrei avuto figli, nel senso che non mi è mai piaciuta la limitazione così della famiglia, per un motivo molto semplice, perché io sono nata in un paesetto di 3.000 anime, ero una ragazzina piuttosto riflessiva e osservavo molto in giro: le signore, le famiglie, gli uomini, i rapporti fra donne e uomini… e trovavo tanta incomprensione, tanta infelicità, tanta crudeltà da parte degli uomini nei confronti di queste donne che dedicavano tutto il loro tempo alla famiglia, ai figli, al marito, alla casa. Una forma di novella schiavitù. E io mi dicevo fra me e me “no, io non voglio assolutamente fare questa fine, tutti continuano a dire: ah sì ma tu… sì sì, studia pure… però dopo a 18 anni ti sposerai”, io presto ne ho settanta e mi devo ancora sposare… “ma no vedrai, è tutto così”. E d’altra parte vedevo un paio di maestre di scuola, zitelle, un tempo si diceva zitella non single, zitelle che erano tranquille, beate, felici, un po’ criticate dal paese naturalmente – sì, qua funziona – dal paese naturalmente perché si vestivano elegantemente, andavano in città, andavano in città a fare shopping, non erano sposate, non avevano figli, avevano il loro lavoro, avevano le loro soddisfazioni, ed io che cosa ho fatto? ho studiato, ho fatto l’insegnante. I miei alunni erano per me come… dire dei figli forse è eccessivo, però li ho trattati così bene, con tale affetto e con tale comprensione dei loro piccoli problemi, che adesso che sono professori dell’orchestra Haydn, io insegnavo al Conservatorio, ancora mi salutano con un sorriso “Ah professoressa Simonetti, si ricorda quando facevamo le parole crociate e tutto…”. Ecco, ecco queste sono state le mie soddisfazioni.
Non ho avuto figli, non ho voluto avere figli, non ho voluto mettere su una famiglia. Mi sono dedicata alla comunità, mi sono dedicata alla scuola, mi sono dedicata al mio lavoro, al mio consorte, alle mie amicizie. Ora che sono in pensione mi dedico a rendere felici altre persone con una associazione musicale che organizza concerti nel pomeriggio per le signore, dico proprio signore più che signori, che non hanno mai potuto accostarsi alla musica, all’arte, alla lettura, perché dovevano badare ai figli, badare al marito, badare alla casa, cucinare eccetera eccetera… poi a sessant’anni finalmente si sono aperte alla vita, alla musica, alla lettura, all’arte, ai viaggi, alla conversazione, e io con loro sono molto contenta perché le rendo felici. Si rendono conto che si può vivere anche senza figli, anche senza dedicarsi esclusivamente, dico esclusivamente perché ci si può dedicare ad altre persone anche in altro modo, esclusivamente al proprio nucleo familiare. Già il termine “nucleo familiare” ti fa capire che è una cosa ristretta e poco aperta verso la comunità.

Ho avuto la fortuna di avere una famiglia, posso dire, posso usare l’aggettivo “eccezionale” – intanto do una controllatina a questo lavoro perché non vorrei sbagliare. Eccezionale in questo senso: allora, una mamma che purtroppo non ha potuto studiare perché figlia di contadini, le figlie naturalmente non potevano andare a scuola. Suo padre, si parla naturalmente dell’impero asburgico, perché mia mamma è nata nel 1920, e le sorelle sono nate prima, ai tempi appunto dell’impero asburgico, qui nel Trentino. E il padre negli anni ‘15, ‘16, ‘18 pur di non mandare a scuola le figlie, si è fatto anche un paio di giorni di galera. Ecco. La figlia, l’ultima figlia, mia mamma, del ‘20, non ha potuto studiare. Ha dovuto lavorare. È andata a finire, povera ragazza, a casa del console fascista di Bolzano dove naturalmente, siccome era una bella ragazza ma non si faceva mettere le mani addosso, era considerata, anzi era definita, “la bolscevica”. Mia mamma neanche sapeva il significato di questo termine, lo ha saputo quando gliel’ho spiegato io. Mio padre socialista nenniano, e non craxiano, ci tengo a dirlo perché altrimenti mi si rivolta nella tomba, mi ha sempre detto fin da quando avevo 10 anni: “guarda che tu devi studiare, ti devi mantenere, guarda che tu non devi fare la fine delle tue compagne di classe che sono destinate ad una fine veramente improba” – come dico io – “sepolte in una famiglia”. Ecco io perciò ho studiato con l’appoggio dei miei genitori. Mio fratello, che ha 3 anni meno di me, era molto asinello ma ai miei genitori non interessava assolutamente niente perché bastava che fosse la figlia femmina a studiare. Di conseguenza io ho sempre avuto l’appoggio – sì, il giallo potrebbe andare bene -, ho sempre avuto l’appoggio dei miei genitori, e questo naturalmente mi ha aiutato, perché non è facile negli anni ‘60-’70 studiare, laurearsi, parlo per una femmina naturalmente, studiare, laurearsi, avere un fidanzato, come si diceva allora, e come si ricomincia a dire ora… avere un fidanzato, non sposarsi, e soprattutto non mettere al mondo bimbi, che pareva la cosa che più indispensabile di questo mondo. Ecco da questa… a questa famiglia io devo molto, a mio padre, a mia madre, a mio fratello che è sempre stato orgoglioso della sorella che studiava e che così dava delle soddisfazioni ai genitori, così non le doveva dare lui.

Devo dire che sono stata fortunata per un motivo molto semplice. I miei genitori e mia mamma in primis non mi ha mai rimproverato per non essermi sposata, per non avere avuto figli. Mi ha sempre detto: “beh, questa è la tua vita, a me avere nipoti non interessa assolutamente niente. Io faccio la mia bella vita con tuo padre – ahi, qui c’è un nodo -, faccio una bella vita con tuo padre, andiamo a funghi, viaggiamo e tutto, non ci interessa assolutamente niente”. Le mie amicizie, già sapevano all’università, e anche a scuola, e poi anche in Rai, sapevano che io la pensavo in un modo un po’ particolare, e vedevano il mio atteggiamento – qui ci vogliono le forbici – vedevano il mio atteggiamento poco disponibile nei confronti di questi pupetti che passavano per strada.
I miei alunni li ho sempre trattati come degli adulti, non ho mai bamboleggiato con loro, non ho mai fatto picci picci ai cuccioletti che si vedevano in giro, non era una cosa proprio che faceva parte del mio carattere.
Però devo dire veramente che sono stata fortunata, perché in età fertile, come si dice sociologicamente o scientificamente non so, nessuno mi ha mai chiesto niente, forse perché vedeva nei miei occhi forse una certa severità se si affrontavano certi argomenti, vedevano il mio atteggiamento; passata l’età fertile qualcuno così mi poteva dire: “ah povera donna, guarda non ha avuto figli”. E allora qualcuno gli diceva: “eh ma sai, guarda che ha fatto questo, ha fatto quello, poi lei fa parte…fa parte di quest’associazione, fa parte di quell’altra, va in biblioteca, aiuta le persone a scegliere i libri, digitalizza la biblioteca d’arte, e tutto…”
“Eh sì, ma sai, quando sarà anziana…”
Puntini di sospensione, e quando sarò anziana io penso di avere dato qualcosa alla comunità e spero che la comunità mi renda qualcosa, vediamo. È un salto nel buio, ma non è che per questo io mi disperi assolutamente. Continuo i miei lavori.

Eh le forbici… prima di tutto non si dovrebbero regalare forbici, perché le forbici sono come i coltelli, bene si possono regalare però qualcuno poi ti deve dare una monetina in cambio – questo giallo… ce n’è troppo di giallo mettiamo qualcosa di blu, ecco questo è già tagliato… Eh, devo dire che quando io faccio qualcosa, lo faccio naturalmente per la bottega, lo faccio perché sia visto, c’è una blanda diciamo e anche comprensibile, e anche ingenua forma di esibizionismo – no? – in questo mostrare i propri lavori in vetrina per leggere negli sguardi delle persone che passano un minimo di ammirazione. Così insomma, via, ad una persona di una certa età si possono concedere queste cose. Però tutto quello che faccio trova già una collocazione o a casa mia o a casa di amici. Sono tutte cose mirate, non sono cose fatte così solamente per sfizio. A parte qualcosa, quando vedo qualcosa che mi piace, dico “ecco quello lo faccio, non ha nessuno scopo, non so dove metterlo, non potrò regalarlo a nessuno perché non piacerà a nessuno, ma lo faccio lo stesso, lo faccio per me stessa”. Gli altri lavori, pizzi, ricami, quadretti, cuscini e tutto quando chiuderò bottega, non farò naturalmente la grande svendita perché è una cosa che mi deprime al massimo, ma regalerò alle clienti qualcosa, a loro scelta naturalmente, che possa ricordare loro la bottega Così fan tutte.

[L’eredità] è un problema che sinceramente non mi sono mai posta. Io sono legata agli oggetti però fino ad un certo punto, tanto è vero che molto spesso regalo gli oggetti anche quelli a cui sono legata. Perché penso che in questo modo il legame che io ho con gli oggetti si trasmetta poi alla persona a cui li regalo. E quando questa persona prenderà in mano, utilizzerà, guarderà, userà, spolvererà questo oggetto gli verrà in mente quella persona che glielo ha regalato. È una cosa molto ingenua, è una cosa molto semplice però non voglio complicarmi la vita con altri tipi di eredità. Per fortuna che non posseggo castelli, non posseggo cose troppo di valore, e le poche cose di valore che ho a casa hanno già un nome e cognome, per le mie, ovviamente più giovani, amiche.

Io sono cresciuta con gli animali domestici oltre che con mio fratello e con gli amici di paese, con gli amici di mio fratello, e con le mie amiche; sono cresciuta con i gatti, tanti gatti avevamo, un sacco di gatti in famiglia non so, mia mamma li tirava su, appena c’era qualche gatto poverino un po’ sparuto, lo tirava in casa, gli dava da mangiare e quello naturalmente veniva sempre. Poi c’erano i polli a cui eravamo molto affezionati tanto è vero che quando le galline morivano nessuno le mangiava perché proprio erano quasi non dico delle persone di famiglia, perché sarebbe troppo, ma erano… le conoscevamo troppo, non si può mangiare un animale che si conosce, assolutamente.
Poi sono venuti i cani, il primo pastore tedesco femmina, naturalmente ogni padrone di cane lo dice: “eccezionale”. Poi quando abbiamo dovuto addormentare questa… questa Trippy che cosa abbiamo fatto? Due giorni dopo siamo andati al canile e lì volevamo prendere – penso che con il blu ho finito-, e lì volevamo prendere due cagnetti perché si facessero compagnia: una bella femmina un po’ voluminosa e un maschietto un pochino più tranquillo. Abbiamo trovato un leonberger femmina di 3 anni e mezzo, un esemplare bellissimo, molto selvatico, perché era… per 3 anni e mezzo ha vissuto alla catena in un maso di montagna, senza nessun contatto con gli esseri umani, non era stata… non gli era stato insegnato una cosa importantissima per qualsiasi persona, per qualsiasi animale, per qualsiasi cucciolo, a giocare.
Questo cane purtroppo non giocava. Siamo riusciti ad insegnarle tante cose, soprattutto a non aver paura del tendalino della veranda, a non aver paura delle foglie degli alberi che si muovono, però non siamo mai riusciti a giocare con lei, e questo ci è sempre molto dispiaciuto. Insieme con lei abbiamo trovato un … non bisogna dire bastardo, bisogna dire un meticcio, abbiamo trovato un meticcio – questo è troppo lungo – carinissimo, spiritosissimo, allegrissimo che ha messo allegria a tutto il condominio dove viveva mia mamma, perché quando mia mamma l’ha visto si è innamorata di questo cagnetto e glielo abbiamo dovuto cedere in parte, in comproprietà, diciamo così. E ha praticamente costretto tutti i condomini a parlarsi tra loro, una cosa incredibile la proprietà che hanno gli animali di creare convivialità anche fra persone che a malapena si salutavano.

Non lo so, non posso rispondere con cognizione di causa a questa domanda, per un motivo molto semplice, perché sono stata così fortunata, lo ripeto, sia con la mia famiglia che con Nando a cui già, quando lui aveva diciannove anni e io ne avevo sedici, ho detto: “guarda, io non voglio mettere su famiglia”, si usava questo termine, non so se si usa ancora. Non voglio mettere su famiglia, non voglio avere figli, e lui mi ha detto: “io non ho mai pensato a metter su famiglia, io non ho mai pensato ad avere figli; è una cosa a cui non ho mai pensato, mi ci fai pensare tu”.
Forse il fatto che – ah, ho sbagliato – sono stata io per prima ad affrontare il problema, così l’argomento ecco per meglio dire, forse lo ha portato a una decisione velocissima. Se io fossi stata tentennante, oppure forse gli avessi chiesto: “ma cosa dici nel nostro futuro vedi una famiglia, vedi…?” forse lui mi avrebbe risposto in un altro modo, anche perché la sua famiglia era completamente diversa dalla mia, tanto è vero che sua sorella di figli ne ha avuti tre, figlie, tre figlie. Perciò sinceramente non saprei come rispondere a questa domanda anche perché nella mia vita ho avuto una sola relazione importante. Sì, questa che ancora sto vivendo dopo cinquant’anni, di conseguenza non posso neppure… pormi il problema in questi termini. Posso solamente fare riferimento ad altre situazioni, ad altre mie amiche che si sono trovate veramente in crisi. E devo dire che quasi tutte hanno ceduto alla richiesta di paternità, di familiarità, boh non so se si dice familiarità… ecco il temine corretto è di genitorialità questo termine che è emerso adesso in tutte le conversazioni, la genitorialità e che uno si impapera anche a dirlo; e naturalmente la relazione poi fra le due persone, i genitori appunto di questo bimbo, perché tutti figli unici, la relazione è andata a incrinarsi, spesse volte si è conclusa con una separazione o un divorzio, e nella miglior situazione così… il rapporto si è deteriorato ed è diventato il rapporto così probabilmente anche molto diffuso di persone che così convivono, convivono fino a quando i figli non partono per l’università, o partono per l’Erasmus, e allora si aprono nuovamente i giochi. Una relazione con una giovane signora o signorina per il maschio, una maturità qualche volta serena, qualche volta infelice per le donne.

Così fan tutte è nata il 27 gennaio di 8 anni fa [2006], genetliaco di Mozart, perciò ovviamente Così fan tutte. »

Vuoi ascoltare e leggere altre testimonianze? Sostieni l’archivio vivo di Lunàdigas!

Back To Top