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Cinque donne raccontano le loro esperienze di maternità e non-maternità, confrontandosi sui temi della gravidanza, della violenza, della contraccezione, della conoscenza dell’altro anche quando è parte di te. La discussione fa emergere anche i diversi approcci culturali sul tema maternità tra Nord, Sud Italia e Stati Uniti.

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Ecco la trascrizione completa del video:

KIRA: « Io ho tre figli e sono nonna, anzi tra un paio di giorni diventerò nonna di nuovo – in effetti ho la culla in macchina che poi devo portare… tutto un casino. Io i parti li ho vissuti, c’è una cosa che ho sempre ripetuto a mia figlia, che se potessi riviverli – ma non avendo più figli perché non ce la farei proprio a livello fisico – ma rivivere il parto per me sarebbe la più grande gioia: rifare, risentire l’energia che ho avuto in quel momento malgrado anche i passaggi di dolore, ma quell’energia, quella magia, quella sicurezza, per me è un momento magico, unico, purtroppo irripetibile. Però mi piacerebbe riviverlo, invece che un rebirthing farei proprio. »
ELEONORA: « Non hai provato dolore? »
KIRA: « Ma non ho provato tanto dolore. »

EMILIA: « Io non ho figli; al momento non ho né un compagno e neanche sono sposata. Oddio, da un lato mi piacerebbe avere figli dall’altro lato così come gira il sistema non sono molto ispirata, anche se mi piace tantissimo – quasi contraddico con quello che ho detto – pur venendo da una cultura dove l’esaltazione della maternità tocca vette stellari ho comunque una mentalità un po’ differente nel senso che mi piacciono molto i bambini ma sono molto restia al volerne mettere al mondo, pur essendo sicuramente un’esperienza che io non posso capire che però tutti mi dicono sia un’esperienza veramente meravigliosa. Però sono molto, diciamo, col punto di domanda. »
ELEONORA: « Io sapevo già da ragazzina che non avrei voluto farne. Ho pensato che invece di farli io potevo adottarne qualcuno – cosa che poi non ho fatto – e non ho mai avuto rapporti senza protezione proprio per non rischiare. Non lo so esattamente perché: un po’ c’entra il fatto di essere libera, di non avere legami che durano tutta la vita oppure, magari, in una vita precedente sono morta di parto, chi lo sa. Proprio il parto penso di non aver mai voluto affrontare. Non mi sono mai pentita. »
ANNA LETIZIA: « Io ho due figli. E devo proprio dirlo: ho due figli, perché è come se non li avessi. Ed è una cosa un po’ dolorosa, scusate. Niente, nel 2009 prima mio figlio e poi mia figlia sono andati vivere dal loro padre e tutt’ora c’è una conclamata sindrome di alienazione parentale per cui io non li vedo – e adesso ho fatto causa al Tribunale dei Minori, almeno per la piccola ma è ancora tutto fermo e quindi è una situazione molto dolorosa. »

JENNIFER: « Io ho tre figli, due maschi. Sono americana, di Chicago. Fanno le cose molto diversamente in Italia che negli Stati Uniti e a differenza del suo parto perfetto, ho avuto un parto italiano molto difficile, però sono state gravidanze all’interno di un matrimonio con un uomo molto violento. Di giù, di Taranto e allora devo dire che ero molto sola durante queste gravidanze però l’ho affrontato, l’abbiamo fatto e sono meravigliosi. Il piccolo l’ho quasi perso all’ottava settimana – c’è stato quasi uno stupro perciò quando avevo minacce d’aborto ero quasi contenta. Sono andata al pronto soccorso, avevo perso tantissimo sangue e il primario quando ha trovato il cuoricino che batteva ha detto “no”. E adesso lui è il mio Michael, meraviglioso, mi ha salvato lui la vita.
A differenza di quello che diceva Emilia sulla cultura siciliana che è meravigliosa però è anche molto invadente, negli Stati Uniti c’è proprio il terrore dell’avvicinamento degli altri. Cioè proprio non è permesso, non è ammissibile questo, non so se mi spiego. C’è una percentuale molto alta di donne negli Stati Uniti che decidono di non fare figli, la scelta anche della carriera o altre cose hanno influito tantissimo su questa esagerata ricerca di uguaglianza per la donna, dagli anni Sessanta in poi. Il diritto della donna è diventato quasi – non so come si dice in italiano – assolutamente essenziale, per cui adesso la donna ha quasi più diritti dell’uomo in generale, no? Alle prese anche con le cattiverie. Però per quanto riguarda la scelta dei figli è rispettatissima negli Stati Uniti, anzi è considerata qualcosa di… che costringere una donna ad avere un figlio solo per sentirsi completa come donna è una forma di terrorismo. »

KIRA: « Io sono diventata mamma a diciannove anni. Non ci ho pensato al perché voglio un figlio, voglio rimanere senza figli, voglio avere dei figli. So solo che da quando sono rimasta incinta per me per un attimo mi si sono tolte tutte le domande che avevo – “cosa farò da grande?” perché finite le scuole sei lì che dici: “E adesso? Adesso che cosa faccio?”- e rimasta incinta il dottore mi ha detto – perché pensavano avessi una cisti – “la tua cisti è un cuore che batte” e io ho detto: “ma è grave?”, lui mi fa: “no no, ma dipende come la vedi. Diventerai mamma”. E quando mi ha detto: “diventerai mamma” ho pensato: “bene, non devo più decidere nulla, sono mamma”. Ed è stata una grande liberazione anche se non sapevo assolutamente cosa affrontavo, però proprio perché non sapevo, l’incoscienza mi ha fatto stare serena, perché non dovevo più scegliere per me. Il destino aveva scelto per me. Per me è stato grandioso in quell’istante.
La scelta di non essere madre la trovo una gran forza, probabilmente io non l’avrei avuta come scelta. Infatti non ho scelto, è capitato di essere madre. Perciò non ho un’opinione, nel senso che però la trovo una grande possibilità, nel senso che essere madre può significare tante cose, al di là del fatto di avere figli propri, essere madre vuol dire anche prendersi cura della Terra, di quello che si fa, di sé stessi – già prendersi cura di sé stessi, voglio dire – però non ho un’opinione nel senso “brave o cattive o egoiste o che ne so… »
EMILIA: « Se potessi tornare indietro decideresti di diventare madre più da adulta che da ragazza? Nel senso se potessi scegliere. »
ELEONORA: « Ma non può dirlo… »
KIRA: « Non saprei dirtelo perché non è stata una scelta, non lo so, ho voluto la seconda figlia, questo sì, l’ho fatto consapevolmente. »
ANNA LETIZIA: « Credo che la scelta di non avere figli sia molto coraggiosa perché comunque la donna la spinta creativa ce l’ha, quindi se non crea figli crea qualcos’altro, di sicuro. »
ELEONORA: « Non avevo nessun dubbio, non l’ho mai avuto. »
JENNIFER: « Ma perché ci pensavi? »
ELEONORA: « Ah sì sì, beh… »
JENNIFER: « Cioè ti sei mai posta il dubbio se avere un figlio o no da piccola? »
ELEONORA: « Ma non da piccola, da quando ero adolescente. Poi quando ho pensato che avrei avuto dei rapporti ho… la prima volta ho fatto l’amore dopo un mese che prendevo la pillola perché non volevo rimanere incinta. Ce ne erano così tante che rimanevano incinta per sbagli, voglio dire: “O scegli o..” e così ho scelto questo. »

EMILIA: « Per non chiudermi sul solito percorso femminile, sembra quasi che quando si dice il solito percorso di marito o compagno e figli sembra quasi… “ecco, il solito percorso”… Per sfuggire un po’ alla tradizione ho vissuto la vita un po’ al contrario: invece di studiare ho deciso di emigrare, invece di stare con i miei fino a quarant’anni – grazie Signore – ho deciso di abbandonare subito il nido, cioè sono stata un po’ controcorrente però in questo caso è vero, come dicevi giustamente te, fa tanto anche l’esempio della famiglia: mio padre è un siciliano ultra-doc. É stato lui che una volta, nonostante fosse il tipo che: “devi arrivare vergine al matrimonio” – questa era la sua idea di figlia – una volta io gli dissi: “papà, devi essere contento che io non sono come tante delle mie vicine di casa che già a quindici o sedici anni ti arrivano già col pancione a casa”, “beh, forse avresti combinato qualcosa” cioè proprio il massimo della contraddizione, no? Questo perché lui era proprio imbottigliato nelle tradizioni. Mia madre invece era più controcorrente: mia madre ha settantasei anni ma si è sposata a trentacinque anni, era una siciliana avanti; fino a trentacinque anni ha viaggiato e si è girata l’Italia come un calzino, mio padre più del tragitto bagno-camera da letto non ha mai fatto, cioè proprio completamente… E quindi mi ha molto trasmesso questo spirito di avventura, e nonostante da un lato dica: “io vorrei che tu avessi un compagno così non sei sola, se ti senti male c’è qualcuno” però mi dice sempre: “eh beh però capisco da chi hai preso perché io quando ero ragazzina…” – parliamo degli anni Cinquanta, quando faceva una testa così a mia nonna perché voleva andare a vivere in America, e mia nonna fa: “dove vai?! Figurati!” »

EMILIA: « Io ad esempio non vivo in Sicilia da diciotto anni, ho fatto quarant’anni adesso a gennaio. Quando i vicini di casa chiedono ai miei genitori: “Che fine ha fatto Emilia? Ma si è sposata? Ha avuto figli?” sono le prime due domande. Dopo che hanno saputo se sono viva o morta, le altre due domande sono o marito o figli. Tassativo.
Dalle mie parti c’è un detto che la dice tutta, poi ve lo traduco: “n’arissassi pi simenza” che significa “ci sei rimasta solo come seme”. Non c’è un epitelio però questa è un’espressione che si usa spesso per chi non ha un compago o comunque non ha figli, cioè sei rimasto un seme, non hai prodotto. Punto. Sei rimasto per seme, quindi un seme che viene piantato e non cresce non ha alcun tipo di valore. Cioè non dico che siamo una sottoclasse, le donne senza figli, però sono viste come… cioè, siamo senza senso, ecco. “N’aristassi pi simenza” è “ci sei rimasta solo come un seme”, ma un seme che non produce è destinato a seccare dentro il vaso, no? Comunque se non fai figli non produrrai nient’altro. Insomma io sono un seme al momento.
La vita ci prospetta tante possibilità, bisogna cogliere quella che si sente propria, quello indubbio. Sicuramente. »
KIRA: « Io per esempio, diversamente da voi, io sono stata buttata fuori di casa perché ero incinta. Nel senso che siccome ero incinta, mia mamma aveva tutt’altri progetti per me. Mia mamma avrebbe preferito venti uomini, niente figli, una carriera sbalorditiva e invece no, questa rimane incinta, e che cavolo!
Guardo mio figlio, un figlio che tra un po’ avrà trent’anni, lo guardo e dico: “madonna mi piace, sei bello, ma quanto mi piace” però per me alla fine io non lo conosco, è un estraneo, cioè è una persona che ho cresciuto, che amo e che ho amato e ho interesse per la sua vita però è lui. Non è vero che ho un legame diverso da quello che posso avere per un’altra persona che magari, che ne so io, in quell’istante, magari un bisogno, un incontro, è vero che culturalmente devo dire che mio figlio è qualcosa di speciale, e in effetti mi sento una disgraziata solo a dirlo perché poi alla fine mi dicono: “ma che tipo di persona sei”. No ma dico, ho un po’ di vergogna a dirlo ma io amo mio figlio, amo le due mie figlie – Dunia e Xenia le trovo meravigliose – però ho incontrato talmente tanta gente meravigliosa che non è che sono l’esclusiva. Sono contenta che sono nati attraverso me, che ho potuto trascorrere del tempo con loro, che ci siamo conosciuti, però adesso, se ci incontriamo, ci incontriamo come Xenia, come Gabriel e Kira, come Xenia e Kira, Dunia. »
JENNIFER: « Io anche non ho avuto la scelta, sono rimasta incinta due volte ma non per scelta, perciò non mi sono trovata davanti alla… ti cadono le braccia? »
ELEONORA: « No no no, ma se tu mi dici “non per scelta” vuol dire che non hai usato una protezione e allora…»
JENNIFER: « Perché ho incontrato un uomo molto violento che non usava protezione, punto. »
ELEONORA: « Ma la protezione puoi… io usavo la protezione per me, non è che mi aspettavo che lui la usasse, non mi fidavo, la pillola, la spirale, ce ne son tanti di modi.  Avevo deciso così presto che non avrei voluto figli che avevo quasi pensato di farmi sterilizzare. Poi non mi sembrava una cosa giusta nei confronti del mio compagno e l’ho fatto molto più avanti, adesso non mi ricordo, ma dopo anni di anticoncezionali di vario tipo mi sono fatta “chiudere le tube”, si dice, no? Ed è stato un sollievo per me. »

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