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Eleonora racconta la sua esperienza di donna senza figli maturata e vissuta con naturalezza, senza tabù e senza subire il giudizio né dei familiari né delle amiche e degli amici con figli, nei confronti dei quali anzi sperimenta un’attitudine di sincero interesse conoscitivo.

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Ecco la trascrizione completa del video:

« Non è stata una decisione, per me è una non-decisione, nel senso che non avendo mai avuto occasione per averne, non mi sono mai posta il problema di doverne avere. Cioè, la mia impostazione non è: “ho dei figli o decido di non averne”. Non ho proprio mai sentito l’esigenza di averne o il desiderio di averne. Per me il problema, il problema tra virgolette, cioè l’idea di dover scegliere sarebbe stata al contrario. Nel momento in cui avessi avuto un compagno che desiderava avere figli, o mi ci fossi ritrovata, perché poi può capitare anche quello, avrei dovuto decidere se averne, non “oddio non ne ho” o “decido di non averne”. È esattamente un ragionamento opposto, credo, a quello che normalmente si sente fare da gran parte delle persone. Però non è un’esigenza, non è mai stata un’esigenza, non è stata una decisione presa scientificamente. Non c’è proprio il pensiero ai figli.
Ho preso un cane qualche anno fa, perché era un cane maltrattato, per cui me lo sono tenuto in casa. Quando è morto, spesso mi hanno detto “te ne riprendi un altro”. La risposta è “no, non ho mai voluto figli, non mi prendo un altro cane”, cioè proprio per me. è il mio modo di ragionare in maniera istintiva, non è una decisione, è quello che è il mio pensiero dentro.

Allora, per mia madre è un cruccio. Però ho sempre pensato che non fosse riferito al fatto dei figli, ma al nucleo familiare. Nel senso che c’è molta mentalità ancora che un figlio vuol dire un marito, un compagno, per cui non ho mai percepito anche nel… parlarne spessissimo da parte di mia madre fino a qualche anno fa, perché adesso l’età per fortuna un po’ mi aiuta a proteggermi da questo! Però non l’ho mai sentita come una cosa collegata unicamente alla maternità ma al fatto di non avere un nucleo familiare che includeva dei figli in quanto era un nucleo familiare, però non era solo sui figli la questione. Cioè, penso che mia madre mai avrebbe pensato Eleonora da sola con un figlio. Era “perché sei sola?”, non “perché non hai figli?”, quindi altri tipi di pressioni mai. Io credo che sia solo una mamma che un po’ si preoccupa di questo, per il resto, né amici, né…

È una cosa che si è evoluta negli anni, ora sono molto invidiata da alcuni miei amici… nel senso che le uniche volte che ho sentito un po’ di giudizio è quando, senza averne esperienza diretta, ho provato a dare dei consigli, anche perché sono una persona che è molto all’interno delle famiglie delle persone che frequenta e degli amici, e quindi, a volte, mi sento nella posizione di poter consigliare o addirittura di intervenire anche in determinate occasioni nelle questioni dell’educazione dei figli dei miei amici. E quando – da fuori è più facile, lo capisco – rilevi dei comportamenti che magari non ti sembrano corretti, che sono troppo duri da un lato o troppo accondiscendenti dall’altro, provi a dare un consiglio tu, e un paio di volte mi è stato detto: “che ne sai tu? i figli non ce li hai”. Però devo dire che non mi è mai stato detto né con cattiveria né con giudizio, in qualche modo. A volte è una scappatoia rispondere così, perché magari ti accorgi che hai una debolezza nell’essere genitore, e allora la risposta ti viene istintiva; non l’ho mai letta né con pregiudizio, né con cattiveria, assolutamente no.

Purtroppo il primo elemento è che è molto piccola, per cui, è evidente, non saprei dove infilarlo un figlio nella mia casa. La mia sembra una casa di bambini, nel senso che essendo una persona che ama le chincaglierie, i giocattoli, i giochi di società, la mia casa, come anche il mio ufficio – perché, ringraziando iddio, faccio un lavoro che me lo consente – è la fabbrica di Willie Wonka. Io faccio la collezione delle palle di vetro con la neve, ne ho più di centocinquanta. Per cui quando capita che vengono amici con i bambini a casa, impazziscono. Se entri a casa mia non lo diresti mai, se non capisci quanto è piccola, che non ci sono bambini dentro, assolutamente.
Io sono molto contraria a qualsiasi forma di stereotipo. Penso che siamo tutti diversi e che ognuno a modo suo può avere dei dettagli di riconoscibilità propri, non di situazioni. Capisci se c’è un cane se vedi le ciotole, questo sicuramente, però, il fatto che ci siano o meno i bambini, no. Conosco bambini che hanno stanze di libri e bambini che hanno stanze di peluches, per cui sicuramente no; forse nella praticità, quello assolutamente sì, e dal disordine, forse, ma da quel punto di vista a casa mia sembra che ce ne sono dieci di bambini, per cui neanche dal disordine.

Io se qualcuno mi chiama “ramo secco” lo bacio in fronte. Lotto da una vita con il peso, sarei la donna più felice della terra. No, mai sentita, la trovo di una cattiveria infamante però non … credo sia anche di un’altra epoca, posso dirti? Non la riconosco più neanche in quelle persone che hanno fatto della famiglia lo scopo della loro vita, non ho mai sentito dire una roba del genere … di me no perché presumo che mi vogliano bene, non gli verrebbe proprio in mente, ma neanche in generale di altre persone. Sarebbe una cattiveria perché molte persone i figli non è che non li vogliono ma non li possono avere. Definirli “rami secchi” così a prescindere, lo troverei veramente di cattiveria.

Assolutamente ai miei nipoti: ne ho due, meravigliosi, uno di due anni e una di sei e non ho nessun tipo proprio di dubbio sul fatto che siano loro la mia discendenza. Saltando mio fratello, finché non ha avuto bambini, ma prima era mio fratello, assolutamente.

Secondo me anche questa è una cosa che si è evoluta nel corso del tempo. Ho delle amiche che sono comunque donne manager, la famiglia la gestiscono perfettamente. Poi bisogna capire quanto la gestisci perché economicamente puoi permetterti di essere aiutato, perché c’è anche quella che, secondo me, va considerata come cosa. Cioè la donna in carriera, secondo me, adesso è agevolata nel potere avere figli perché economicamente può permettersi di essere aiutata.

Dal mio punto di vista e per come gestisco la mia vita, ho molta difficoltà a pensare alle mamme che pensano solo ai figli, cioè, ho delle amiche che sono felicissime, per carità, di quello che fanno, che passano le giornate tra accompagna a scuola, inglese, nuoto, calcetto, religione, musica, girano come delle trottole, sono appagatissime dalla famiglia, a un certo punto i figli diventano un po’ più grandi, più autosufficienti e tu ti ritrovi ad un’età dove è difficile trovare un’occupazione retribuita che ti consenta di occupare un po’ il tempo. Quello è quello che a me spaventerebbe per la mia concezione di lavoro. Quindi io la vedo al contrario, cioè, io un figlio da almeno una decina d’anni me lo sarei potuta permettere tranquillamente, anche perché ho un lavoro che mi consentirebbe di gestirlo economicamente. Fermarmi totalmente e rinunciare a determinati ritmi, a determinate relazioni, a determinata movimentazione della vita, quello un po’ mi spaventerebbe. La totale dedizione alla gestione dei bambini, che è encomiabile, non la giudico, però un po’ per come sono impostata adesso, mi spaventerebbe.
All’inizio rido e scherzo e dico: “ragazzi, niente cacche per oggi, vi prego facciamo una pausa, un giorno”; dall’altra, invece, ho acquisito conoscenza, nel senso che io la mattina, per esempio, lavorando vicino al Convitto, ho un gruppo di amici che sono genitori che portano i figli e poi vengono a fare colazione. Io facevo colazione da sola, sono stata adottata da questo gruppo di genitori, e io so i nomi di tutti i professori dei bambini, so che il mercoledì la bambina si sente male perché ha musica e non le piace suonare. Essendo un argomento, difficile da spiegare, neutro, per quanto mi riguarda, può avere lo stesso appeal che se si parla di scienza piuttosto che di musica. Per cui mi interessa capire come funziona, le dinamiche, le peculiarità; non ne sono particolarmente coinvolta perché non lo pratico come argomento, però per me è argomento di discussione anche la cacca piuttosto che i pannolini e a volte divido anche la conoscenza. Che ne so: ho delle amiche che hanno creato un circuito di pannolini scontati, per cui quella che va al supermercato avverte quell’altra e a volte do le dritte: “Oh, lo sapete che da Prenatal ci sono gli sconti?”. Siccome frequento tanta gente e non mi si fanno problemi a coinvolgermi in questo tipo di discorsi, io, ogni tanto, do anche qualche dritta di carattere pratico. Calcola che sono anni che faccio vacanze con amici sposati con figli, mi fa un piacere infinito, anche se magari ho preso una casa io e alla mia settimana non rinuncio ad andare con la mia amica con i tre bambini… per me è assolutamente normale passare del tempo nella normale gestione, che in vacanza non è facile, tra l’altro, di tre bambini anche piccoli. Non lo so, forse è un concetto allargato di famiglia. Nel senso che dove mi sento a mio agio, mi integro con quello che c’è dentro alla famiglia e ne faccio parte, per cui…

Non ho assolutamente nessuna voglia, desiderio, rimpianto… sarei ancora in tempo forse, perché è capitato ad amiche anche in tempi recenti. Assolutamente no. Se me lo chiedi con quella faccia me lo chiedi come me lo chiede chi non ci crede e per me è difficilissimo capire perché non mi credano. Io immagino che sia molto più complicato capire la mia posizione, perché si distacca da quella della maggioranza delle persone, però è assolutamente uguale. Cioè io quando vedo qualcuno che ha i bambini, soprattutto in alcune condizioni, devo dire, perché i figli ho capito che li fai anche senza troppe certezze di stabilità se no non si farebbero mai, io lì dico quello è coraggio. Cioè per me proprio è un’idea che non mi sfiora neanche lontanamente. Eppure sarei capace, perché sono la zia preferita di tutti i nipoti. Sono un punto di riferimento per molti dei bambini dei miei amici. Però l’idea di essere responsabile di un’altra persona, ma non in questo momento, in generale…
Ho avuto un percorso strano rispetto all’età e i figli, perché avendo avuto tre grandi amori nella vita – il primo è stato dai diciassette ai ventisette anni, e quindi non abbiamo avuto il tempo di parlare di far figli perché ci siamo lasciati in un’età in cui ancora era forse troppo presto. La persona che ho avuto dopo era una persona impegnata, che i figli già li aveva. E il discorso è venuto fuori in una maniera che per me è orripilante, tipo: “Speriamo di rimanere incinti così almeno sblocchiamo questa situazione”, che è una cosa che penso di aver mollato tutto due giorni dopo quest’affermazione. E la terza persona invece, che risale a qualche anno fa e che già aveva una figlia, nel momento in cui si è reso conto che la storia cominciava a prendere corpo, insomma, che eravamo coinvolti tutti e due in questa cosa, mi ha detto: “Smarchiamo subito l’argomento: figli?”. Io non ci ho pensato alla risposta che si aspettava, ma gli ho detto: “Mai”. Rischiando tutto, perché non sapevo se era un uomo che avrebbe voluto ancora avere dei figli, e la risposta è stata: “Sei la donna ideale della mia vita” per cui… le persone che ho incontrato, per motivi diversi o di tempo o di impostazione o di situazioni pregresse, non hanno mai neanche mai scatenato l’esigenza di dover decidere se affrontare o meno il discorso di averne, non di non averne. In questo forse sono stata anche agevolata nella mia impostazione iniziale.

Allora, il mio capo, donna ovviamente, non sapeva che stavo qui con le stelle di Natale e mi ha detto: “Che ci fai qua?”. Dico: “Faccio beneficenza quando posso, mi va di dare una mano, tra l’alto è strano che passi, te lo racconto, mi intervistano per un documentario sulle donne che non hanno mai voluto figli”. “Ao’, e gliel’hai detto che non hai ‘a materia prima?” mi ha risposto. Non sapevo che rispondere perché da un certo punto di vista era vero, cioè non è che non è vero. Non mi andava di mettermi a disquisire sulla filosofia di vita a quarantacinque anni, per cui mi sono tenuta il “non hai la materia prima”. Ho detto: “Sì, hai ragione, adesso glielo racconto”. Questo è stato il mio incontro di mezz’ora fa. Però io non riesco a vedere né cattiveria, né… cioè le cose così spontanee e così de core, a me piacciono da impazzire. Sarà che non essendo un argomento traumatico per me, non vedo neanche proprio gli aspetti, le sfumature, di possibili dietrologie, dietro ad affermazioni, meno che mai fatte così a scherzo perché una roba del genere era evidente che era uno scherzo. Però quando mi dicevi ti sei mai sentita giudicata o cosa, ti dico che se anche se ci fosse stata la volontà dall’altra parte di essere in qualche modo cattivi, o in qualche modo di giudicare, io sono talmente serena sull’argomento che probabilmente non lo avrei neppure percepito. A meno che non mi venisse da una persona evidentemente ostile con cui già sai di avere dei rapporti, insomma, per cui certe cose non vengono dette per caso. Però non… cioè neanche mi accorgerei se ci fosse un velato giudizio dietro a determinate affermazioni, proprio non me ne accorgerei.
Io ti ho detto di sì in meno di dieci minuti, l’unica remora era il fatto di andare… di essere dentro un lavoro che in qualche modo si avvicina al mio, se avessi potuto farlo o meno, ma non è un argomento di cui faccio fatica a parlare perché ti parlerei lo stesso della mia passione per le scarpe, cioè non è una cosa che rappresenta tabù o diversità di qualche genere, secondo me. Anzi, siccome so che ci sono persone che fanno fatica a capirlo il punto di vista, io, se si riuscisse a spiegarlo, farei molta meno fatica, probabilmente. Perché mi sono capitate due, tre amiche che mi hanno detto: “non è possibile, non è vero” però lì non perdo neanche tempo a spiegarti perché, perché tanto a te non cambia la vita, io sto bene lo stesso, per cui quando trovo questa incomprensione, come se fosse… cioè: “studiala perché non è normale una cosa del genere”, neanche approfondisco più di tanto, perché non me ne viene niente e non ho bisogno di convincere nessuno. Per cui forse non mi trovo – ecco – a discuterne troppo perché di fronte alla persona che rimane veramente stupita forse non mi va neanche di spiegarglielo, cioè non vale la pena. »

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