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Il Cerchio delle donne di Latina



Stereotipi e giudizi sociali start 01:06:20end 01:14:37 Marzia e Ilaria confessano di sentirsi ancora molto a disagio nella gestione dell'ordine di casa, in vista del giudizio di possibili ospiti. Dal tema della casa le testimoni si confrontano su quanto i giudizi sociali, anche e non solo in ambito estetico, limitino la libertà espressiva delle donne e degli uomini. Una libertà espressiva in continua trasformazione.trascrizione MARZIA: "Io che ho lavorato tanto per liberarmi da alcuni preconcetti, ancora se viene un'amica a casa e ho la casa fuori posto mi vergogno. E per quanto non sia una cosa razionale, è una sorta di "refuso" che torna su. Perché dovrei vergognarmi di un'altra donna che probabilmente sta anche nelle mie stesse condizioni? Perché dovrei preoccuparmi che la casa è sempre in ordine, quando sinceramente non mi interessa che sia così? Però mi viene in automatico, quindi significa che è talmente tanto radicata questa cosa a livello culturale, che dobbiamo proprio fare una riprogrammazione, secondo me.
Mia madre forse era un po' come me, nel senso che lo doveva fare ma non ha mai amato farlo. E quindi poi alla fine lo ha subìto tanto e un pochino l'ha sofferta questa cosa. Noi comunque facevamo tante altre cose però poi pulire bisognava farlo e lei lo viveva male, quindi io lo vivo male come lo viveva male lei. Nel senso: io preferisco andarmi a fare una passeggiata che stare a pulire casa, però poi quel caos mi rende nervosa. Quindi arrivo ad un certo punto che mi devo costringere a farlo…"
VOCE OFF: "Quello è l'ordine delle cose, è l'ordine dell'universo, in realtà."
MARZIA: "Sì sì, no, il mio era un esempio. Il mio era un esempio poi alla fine di quello che può essere l'educazione che ci è stata data a livello anche sociale, degli stereotipi che subiamo."
ILARIA: "È vero, mia nonna era così. Mia nonna era così: "metti a posto perché sia mai che venga qualcuno, mi bussa la signora di fronte per il caffè, è brutto che stai sul divano". "Nonna, ma sto sul divano non è che sto ad ammazzare qualcuno" [ridonoPerò questa cosa da ragazzina mi è rimasta: io sia a casa mia che a casa degli altri, io sul divano sto composta sempre con la cosa che qualcuno che mi vede che magari sto così sul divano, stanca… No: si sta seduti composti. E lo riporti poi a chi vive con te: "c'è qualcuno, devi stare composta!". [vocìo] L'esempio del mettere a posto casa è solo - credo - la punta dell'iceberg di quello che poi è fuori. Perché: ti vuoi mettere la minigonna? "Eh, ma hai i coscioni, il culone, dove vai con la minigonna!" - Ma se me la voglio mettere! Sono pure libera di mettermi una maglietta scollata - "Eh, ma poi sei una mamma, ma come ti vesti!" Ma se voglio farmi i capelli viola, sarò pure libera di farmeli! Poi è una montagna che…"
MARZIA: "Io lotto contro mia suocera che sta convincendo Marta, che è la mia prima figlia che ha undici anni, quest'anno ne fa dodici, perché "le bambine non hanno i capelli corti, le bambine non si vestono in tuta, le bambine non vanno al reparto bambini a vestirsi". Io vedo molta femminilità in mia figlia vestita in tuta, con i capelli corti perché è proprio femmina - io lo vedo che è femmina, ma non femmina come può essere la sorella che invece va in giro in tulle -, perché comunque il suo essere una bambina è molto forte però devo ancora giustificarla e litigare per questa cosa. Mia figlia l'anno scorso mi ha detto: "mamma, sono obbligata a fare figli?" "No, non sei obbligata a fare figli". Ne abbiamo parlato, quando mi ha chiesto come si fanno i bambini. Quando ha scoperto come si fanno i bambini, mi ha detto: "ma lo devo fare per forza?" [ridono]. Le ho detto: "Anche no, figlia mia" perché effettivamente era un po' splatter la scena. Come tutti i bambini, i bambini nascono che già hanno tanto - oltre ad essere molto curiosi -, nel senso che a me loro hanno dato tanto e quindi quando loro mi chiedono, io rispondo. Anche perché quando ho provato a dire loro: "nascono con un taglietto sulla pancia", loro mi hanno detto "tu non ce l'hai". "Mamma vi spiega bene cosa succede". Se tu gli dai modo, hanno tanto comunque da darti. Ed è anche questo uno dei motivi per cui mi sento particolarmente responsabile perché oltre ad avere figli, sono figlie femmine."
SILVIA: "La cosa che mi sembra di osservare è che più che tante donne, stasera c'è tanto femminile che secondo me deve trovare spazio. Non è un femminile legato alla donna ed è anche brutto chiamarlo "femminile" - adesso non mi viene nessun'altra parola - perché così creo troppa dualità però scusatemi, non mi viene altro. È quell'essere accogliente, quell'essere pronta a un ascolto, ma anche ad un ascolto attivo, cioè non un ascolto passivo che sta lì, in silenzio e basta, ma che elabora, crea una gestazione a partire da dei semi che arrivano. È questa che mi sembra la cosa più importante perché poi ho sentito vari esempi e non so se si può parlare proprio di cose personali - penso di sì: mi piace la combinazione di elementi che casomai di me trovo nelle altre, o delle altre trovo in me. Io sono una che mi sarei tanto voluta vestire col tulle, il rosa, con i brillantini, e mi vestivano con la tuta, perché era più comodo, mi tagliavano i capelli perché ero molto riccia ed era scomodo pettinarmi. Io volevo la mia femminilità e ci ho messo tanti anni per riconoscermela però mi sembra che poi ognuno abbia le sue leggi. E a volte mi è sembrato di sentire: "no, ma va bene, voglio essere in disordine e sto in disordine!". È bellissimo. Ma è bellissimo perché tu fai quello che vuoi. Penso che non solo noi donne siamo state costrette a inserirci in un sistema, perché il sistema che ha visto la donna incasellata in una certa aura di aspettative, di bellezza in un certo canone, lo ha fatto anche con i maschi. Ma per forza: perché se la donna va posizionata di qua, il maschio si deve posizionare di là e non si può spostare, quindi l'identità va secondo certe lancette. Penso che la cosa bella di questo gruppo sia proprio togliere quelle categorie preconfezionate e trovarsi ognuno le proprie categorie e anche all'interno delle proprie categorie non ci si deve fermare e basta, perché io, se penso alla me di un anno fa, o alla me di due anni fa, di cinque anni fa, avevo categorie diverse. E fra un anno ne avrò altre. La bellezza… Forse noi donne da questo punto di vista siamo state fortunate: siamo state abituate che siamo esseri sensibili che ascoltano l'altro. E questo tié, ci è andato a nostro favore perché poi facciamo questo [indica il gruppo]. E gli uomini poverini - mi dispiace davvero per loro - non lo fanno [ridono]. Ma secondo me a molti di loro piacerebbe stare qua."
DANIELA: "Io penso che sia giusto ascoltarsi proprio come esseri umani, così come siamo. Senza definirsi in qualche modo. Vivere le nostre esperienze e confrontarsi con gli altri. Mi ha colpito questa cosa che dicevi: la persona che ero io un anno fa, cioè questo continuo divenire di noi stessi, senza perdere il filo di quello che noi siamo e di dove vogliamo [andare], di quello che ci piacerebbe realizzare. Però anche accogliersi, che ne so… prendersi un po' in giro, non definirsi troppo… perché sennò, secondo me, si cade poi nel rischio contrario."]]>
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