Il Cerchio delle donne di Latina

La testimonianza di Isabella start 00:45:40end 00:49:36 Isabella, assistente sociale, racconta di come è riuscita a legittimare la sua condizione di non avere figli (e di generale precarietà), vissuta sempre come una colpa, grazie ad uno specifico confronto con la madre. Stefania racconta di aver vissuto un'esperienza simile quando ha tenuto a precisare alla propria figlia, single e senza figli, che il percorso della maternità non è l'unico valido.trascrizione ISABELLA: "Sono stata microfonata. Non pensavo di essere la penultima, di vivere con particolare ansia questa cosa. Sono Isabella, ho quarant'anni e - Marzia - sono assistente sociale pure io [ridonoPerò non è una cosa non mi piace mai dire sono un'assistente sociale ma faccio l'assistente sociale perché è una cosa che mi sembra una parte del ruolo che in questo mondo, in questo momento storico sto mettendo in atto. Sono un'inquieta esistenziale, nel senso che una cosa che mi è sempre stata molto comoda è anche la precarietà lavorativa, fino a qualche tempo fa, nel senso che ho all'attivo più di dieci traslochi. È una cosa che mi ha sempre fatto gioco, cambiare casa, cambiare posto dove stare, cambiare lavoro ogni due, tre anni. Era una dimensione che all'inizio pensavo potesse essere problematica ma invece quel cambiare sempre mi corrispondeva particolarmente.
Non ho figli. Non ho un compagno, una relazione stabile. Una cosa a cui ho pensato spesso, in relazione a questa cena, è che mi sembrava un pochino una cosa da voler dire per autolegittimarmi e perché mi facesse anche forza. Il non avere figli è sempre stata una condizione piuttosto problematica per me. È sempre una cosa che ho sentito come se fossi un essere umano colpevole in questo. Mi è sempre stata, in un contesto familiare, prevalentemente lanciata addosso come una condizione di mancanza, quindi è come se fosse un arto o comunque una condizione che vivessi con colpa. Una cosa che invece mi ha aiutato moltissimo nel percorso di legittimazione è una possibilità che mi ha dato mia madre. La possibilità di dirmi: "Oh, tranquilla, si può fare!". Sembra una sciocchezza però nel momento in cui tua madre ti dice: "guarda che puoi legittimamente sentirti adeguata, non scegliere di essere madre" è una cosa che mi ha dato quasi (per questo mi risuonava molto quello che diceva prima Nicoletta) un ruolo, una possibilità di essere, un "ci posso stare qua, anche se ci sto scomoda, anche se non è la condizione che mi sono scelta, che non so cosa sarà un giorno". Lo posso fare. E lo posso fare nella misura in cui la persona che ti mette al mondo ti dice anche: "non sono sempre stata particolarmente comoda in questa condizione qua". Si può dire. Ci può stare. Ci puoi stare anche come figlia nel momento in cui tua madre ti dice: "non è che ero proprio proprio contentissima tutte le volte in cui sono rimasta incinta. Ho pure messo in discussione che fossi stata in altri momenti avrei fatto altre scelte". E paradossalmente per quanto potrebbe sembrare dolorosa, a me questa possibilità di connessione con mia madre, in cui lei mi ha detto: "guarda che anche per me è stato faticoso", per me è stata proprio un "allora si può fare, ci può stare questa condizione". Un'autorizzazione di esistere in questo stare, non stare, stare incerto, che era un po' la condizione di precarietà dell'inizio, che forse è la mia condizione. C'est tout!"
SERENA: "Ti faccio parlare con mia mamma, allora!"
STEFANIA: "Si può scegliere altro. Io ho sentito che è stato importante quel rapporto che abbiamo avuto perché lei si rappresentava sempre in negativo: la mamma, quattro figli, ce l'hai fatta Delle volte uno si fa anche delle idee troppo alte. Mia figlia, una delle mie figlie, la prima delle mie figlie che ha trentatré-trentaquattro anni (neanche so bene quanti) [ridono] non ha figli, ha storie varie però è ancora alla ricerca di se stessa. Sentivo questo paragone. Mi è piaciuto quello che ha detto Isabella perché mi ha confermato con questa cosa che c'è stata tra me e lei, non tantissimo tempo fa, proprio in cui io gli ho detto: "guarda, io penso proprio che sia importante che tu faccia la tua strada e non considerare che questa sia l'unica strada che c'è, quella di aver figli". Non lo so. A me è piaciuto rimanere incinta però penso possano piacere tante altre cose e tante altre scelte."]]>soggetto inadeguatezza senso di colpa precarietà madre famiglia d'origine