Paola Valenzano: "L'indeterminatezza è anche la ricchezza della vita"

Le ragioni della scelta start 00:00:00end 00:04:30 Paola Valenzano si presenta e riflette sulle ragioni consapevoli e inconsapevoli che l'hanno portata a non avere figli, tra cui l'aver percepito la sua nascita come dannosa. L'arte ha rappresentato per lei il linguaggio di elaborazione della memoria e del vissuto, il medium attraverso cui trasmettere e condividere conoscenza e nutrimento.trascrizione PAOLA VALENZANO: "Mi chiamo Paola Valenzano, sono un'artista, sono una studiosa, diciamo; una ricercatrice di questioni antropologiche e artistiche.
Non ho figli, sul tema della scelta, insomma, la risposta è complessa, forse non riesco a esaurirla in un sì e in un no, diciamo che non ho mai avuto la fantasia o almeno da bambina e nella mia infanzia - in gran parte della mia crescita - non ho mai avuto questa fantasia di avere figli. Mi sono sempre visualizzata in maniera diversa, no? Una fantasia che poi neanche quella, in qualche modo, si è realizzata: quella di viaggiare, di conoscere culture diverse. L'ho fatto con lo studio ma in realtà io non sono stata una grande viaggiatrice, almeno da una certa età in poi.
Non ho avuto assolutamente nessun tipo di pressione consapevole da parte della famiglia, né giudizi né richieste di nessun tipo. È stato più che altro un vissuto implicito familiare che poi mi ha forse spinta nella direzione di non avere figli; cioè, probabilmente ho vissuto la mia nascita come dannosa e quindi ho conservato dentro di me probabilmente la paura di essere a mia volta dannosa. Cioè ho subito un danno perché ho percepito la mia nascita come un danno per mia madre, come una cosa non desiderata, non voluta e quindi, avendo conservato questa memoria ho pensato anche ho avuto il timore di riprodurla, di riproporla quindi non ho avuto quindi delle pressioni dirette, consapevoli; è stato un vissuto, in questo senso, che però per me è abbastanza archiviato perché ci ho fatto anche tanto lavoro, anche attraverso l'arte. Quindi credo oggi di non essere contaminata più di tanto da quella memoria e me ne sono accorta nel momento in cui mi sono domandata e ho sentito anzi l'impulso di dare qualcosa a qualcuno, non necessariamente a un figlio, ma di restituire un po' quel patrimonio di conoscenze, di saperi, di abilità che ho acquisito in questi anni soprattutto attraverso l'arte, attraverso gli scambi che ho avuto con tante persone - non solo donne chiaramente, ma su certe tematiche soprattutto donne perché c'è un'attitudine ad aprirsi, a condividere molto più intensa e profonda molto spesso. Tutto questo patrimonio, quelle eredità immateriali cui fa anche cenno il film "Lunàdigas", il documentario per me è stato un tema un certo punto. Che ci faccio? Non tanto gli oggetti, anche tutti quei libri che ho, che per me sono un patrimonio proprio di ricchezza che mi piacerebbe poter condividere con qualcuno. E quindi da lì probabilmente si è sviluppata questa idea di fare arte partecipativa, di sviluppare più quell'aspetto dell'arte relazionale, di poter poi anche condividere questo patrimonio immateriale però ricchissimo.
Questo quindi sì, senz'alto è un tema che mi caratterizza negli ultimi anni e questo secondo me vuol dire che ho superato quell'immagine di me come una persona che può fare il danno, che può danneggiare, ma ho incluso dentro di me il fatto che potevo invece avere anche qualcosa da offrire, qualcosa di nutriente da offrire. E forse questo termine non è casuale rispetto al tema della maternità."soggetto madre arte infanzia maternità eredità spirituale lavoro viaggio senso di colpa scelta