Elba Teresa: "Con un figlio non avrei avuto la forza e la libertà di generarmi"

I tabù in Italia e le differenze culturali start 00:00:00end 00:06:54 Argentina con origini italiane, Elba Teresa esprime la sua visione della vita e racconta le differenze culturali, la discriminazione e i tabù percepiti (tra cui la non-maternità) trasferendosi in Italia da realtà più cosmopolite e con spazi sociali attivi e di lotta, tra cui Londra.trascrizione ELBA TERESA: "Quando ho saputo... quando la Paola mi ha chiesto se mi avesse fatto piacere un colloquio, per dire, per parlare sulla mia scelta di non avere dei figli mi sono sorpresa. Mi sono sorpresa tanto per la richiesta che qualcuno potesse parlare con me, che qualcuno che non conosceva me volesse parlare con me, e dopo anche la sorpresa di questo: una donna che ha scelto di non avere figli, perché qui è un tabù. Ci sono tanti tabù in questa società: la morte, la vecchiaia e anche la questione della maternità e dell'eutanasia. Nascere e morire qui sono veramente delle parole che sono diventate pesanti, lontane dall'essere, dal poter essere, dal poter esprimersi, dal poter vivere altre dimensioni, altri pensieri, altre modalità dell'essere che siamo, no?
No, io questa cosa mai me la sarei immaginata, questo rifiuto al parlare, questo rifiuto all'incontro; torniamo, sì al parlare ma all'interno di un incontro, all'interno di un incontro che è incognito, che è enigma, però se la vita per me ha un valore in termini di incognita, enigma, rischio, ma mai questi aspetti li vivo come qualche cosa di negativo, sempre penso che quello che mi aspetta nella scoperta è positivo. Mi succede così, non sono prevenuta, non so perché, come mai, per fortuna non sono prevenuta, mi apro. Dopo di che, certamente, alcune volte nell'apertura mi sono sentita frustrata, delusa, però questo è parte del gioco. Tutte le altre volte è stata un'esperienza molto ricca l'aprirmi, di crescita.
Bene, ora sì, sono argentina di origine italiana. I miei nonni erano italiani della Calabria. Quindi sono stata educata con questa cultura europea, perché credo che il sogno degli italiani di essere cosmopoliti lo hanno realizzato là, a Buenos Aires. Perché quando sono tornata qui, portata dal mito, qua in Italia non è una città cosmopolita, non è una città aperta al mondo, non è una città sì non è una città cosmopolita. E questa esperienza cosmopolita io l'ho rivalutata e valorizzata tanto da questa prospettiva, dove c'è tanta paura dell'altro, del diverso, del non omologato. Sono stata fortunata perché io sono nata in una società dove ognuno di noi, anche se di diverse provenienze, Italia, Spagna, Francia, tutta l'Europa, Asia, tutto il Sudamerica ognuno era cittadino argentino, cittadino del mondo, eravamo cittadini, non c'era questo discorso: "tu sei argentino, l'altro è extracomunitario". Però neanche a Londra. Quando sono stata a Londra, ci ho vissuto un anno, questa cosa: "io sono inglese, tu sei extracomunitario", non esiste questa discriminazione. Perché un conto è io sono diverso, in quanto diverso ricco, in quanto diverso, in quanto diverso posso arricchire, esprimere altri pensieri. No, qui c'è la discriminazione, il diverso viene discriminato, non come diverso in quanto un altro di me, anche un altro di sé, no, questa cosa non me la sono allora mi sono sentita malissimo vivendo qui in Italia perché, bueno, questi valori che io avevo vissuto e che avevo anche di cui avevo goduto tanto perché c'è lo spazio anche sociale, c'è il privato e c'è il pubblico, come dopo me lo sono ritrovato a Londra; in cambio io qui non trovavo il mio spazio sociale. Allora all'inizio forse in qualche festa dell'Unità. Ma non è quello lo spazio sociale dove tu ti senti cittadina, donna donna che anche fa politica; la questione della politica, l'appartenere a una polis, l'appartenenza alla polis, che ti fa anche non solo essere donna, anche essere umano, essere cittadino. Un'altra volta sono dei valori fondamentali, secondo me. Bueno, io mi sono sentita privata di tutto quanto. Dopodiché la sorpresa che poche persone, qui nella Toscana, sanno qualcosa dell'Argentina. Sanno anzi "Argentina-Maradona", sì però anche Piazzola, anche Borges, che ne so, tante, tanti personaggi della cultura, dell'arte, del "ah, Buenos Aires, capitale Rio de Janeiro".
Sì, va bene io non dico che so tanto dell'Africa, delle differenze, però noi, quando a scuola dobbiamo studiare tutta l'Europa e tutto il mondo in geografia in storia e letteratura... Certamente il mondo che dopo ci ha portato l'Europa al mito, al mito europeo.
Perché anche da... io ho vissuto la dittatura, allora l'Europa rappresentava questa messa in pratica dei diritti umani che lì venivano meno con la dittatura. Quindi...
Dopo essere oggi qui è dura, è dura, però è dura non perché sono qui, perché dico: "va bene, dove sono con gli altri a lottare per un mondo migliore?" Perché la questione meravigliosa in Argentina era questa possibilità per tante persone - per quello c'è stata la dittatura, perché era vera, era vero il pensiero del cambiare, il cambiamento c'era e la possibilità di incidere nel sociale era così forte, così vera che è stato necessario fermarla con una dittatura di quella dimensione."soggetto scelta tabù eutanasia maternità vecchiaia discriminazione persone citate Piazzolla, Astor (compositore) [persona citata] Borges, Jorge Luis (scrittore) [persona citata] Maradona, Diego Armando (calciatore) [persona citata]