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Erri De Luca: "Non sono padre, sono rimasto sospeso; un vicolo cieco"
erri de luca
Collegio di Sant'Anselmo (Roma) 2015 mar. 19 Archivio Vivo Lunàdigas MPEG colour sonoro



La famiglia d'origine start 00:02:31end 00:07:05 Erri De Luca racconta della sua famiglia e dei diversi ruoli svolti dai suoi genitori nella sua educazione.trascrizione ERRI DE LUCA: "Mio padre, lui ce l'aveva uno spirito paterno, nei miei confronti, nei confronti di sua figlia, ma in particolare per me. Lui mi ha trasmesso i libri e le montagne, ma perché erano lì. I libri perché erano lì.
Sono cresciuto in una stanzino pieno dei suoi libri, quella era la mia stanza da letto. E poi le montagne perché di tutti i suoi racconti quelle erano uniche di cui aveva voglia di parlare. Le montagne della Guerra: lui è stato alpino nella Seconda Guerra Mondiale, le montagne gli hanno salvato un pezzetto di quella malora. Poteva guardarle con gratitudine, poteva spingersi con lo sguardo e staccarsi da dove si trovava. Quindi mi ha trasmesso questo affetto, questa gratitudine nei confronti delle montagne, e quindi io sono diventato uno scalatore, uno che poi le scala, ci mette le mani addosso. Così come attraverso i suoi libri poi alla fine ho cominciato a scrivere anch'io.
Comunque mio padre ha avuto un sentimento di paternità nei miei confronti, pur non condividendo niente delle mie scelte. Per esempio, negli anni in cui ho partecipato ad un movimento rivoluzionario negli anni Settanta, lui si è preso la briga di comprare tutte le pubblicazioni che ad essa si riferivano, fatte da quella organizzazione, e quindi oggi mi ritrovo una collezione di quel tempo, di quelle pubblicazioni che sì, possiedo solo io e qualcun altro in Italia. Era un giornale, si chiamava "Lotta Continua", era un quotidiano, e mio padre ne ha raccolto l'intera pubblicazione. E poi lo conservava, e poi lo faceva rilegare, senza condividerlo, semplicemente perché credo che pensava che consistesse in questo la paternità. Mia madre mi ha dato il dialetto napoletano, la mia lingua madre, e mi ha trasmesso i sentimenti di quel luogo, del luogo in cui sono nato, in quella città di dopoguerra. Ecco, li ho imparati i sentimenti; la mia educazione sentimentale si è svolta a Napoli attraverso i racconti di mia madre, e delle donne. Erano i sentimenti della compassione, della collera, della vergogna. Questi sentimenti fondamentali che formano poi una personalità, la personalità di una giovane creatura; e dunque anche il sentimento di giustizia.
Non ho mai pensato alla paternità senza la presenza di una donna, quindi una paternità astratta non mi è mai venuta in mente. Quando sono stato con delle donne si, mi è venuto in mente che si poteva andare in quella direzione, che poteva succedere qualcosa così, ma non è successo.
Non ho esperienza di paternità tranne quella di mio padre, della sua educazione da porcospino. Il porcospino fa assaggiare ai figli tutti i tipi di cibi, anche quelli velenosi; e così il porcospino rinforza il suo sistema immunitario. Il porcospino è insensibile ai veleni. E così, in quella infanzia-adolescenza mi padre mi esponeva a tutti i tipi di letture, che erano quelli che stavano in quello stanzino. E quello ha rafforzato il mio sistema immunitario. Mi ha anche indolenzito, ma mi ha anche rafforzato. Dunque ho questa esperienza della sua paternità."
soggetto padre madre seconda guerra mondiale educazione infanzia adolescenza


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