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Valeria Viganò: "La maternità è stata anche un giogo"



L'Italia e l'estero a confronto start 00:25:02end 00:32:07 Valeria Viganò parla dell'importanza del cambiamento dei ruoli sociali e dei valori attribuiti ad essi, comparando la situazione Italiana con quella dei Paesi nordici che ben conosce.trascrizione VALERIA VIGANO': !Io credo che finalmente aprire gli occhi e focalizzare l'attenzione sulle donne che non hanno figli, che hanno scelto di non averne, che non ne hanno voluti o non ne hanno potuti… insomma è un numero vastissimo, ci sono persone, donne, che non hanno avuto o voluto figli perché non volevano rinunciare a qualcosa di sé. Che sembra paradossale perché un figlio viene considerato un arricchimento, ma c'è anche una vita ricca senza un figlio, quindi mi sembra importantissimo capire cosa sta succedendo in Italia, cosa sta succedendo alle donne e mi sembra importantissimo capire in Italia quante donne non hanno figli, quante donne escono da una realizzazione, e immagino che oggi come oggi non siano più considerate, come un tempo, delle reiette, perché una donna che non faceva figli era una reietta nei riguardi della sua famiglia, nei riguardi degli ambienti di lavoro… come una donna mancata, ecco. Non lo è, una donna mancata, è una donna che non ha avuto figli. È estremamente più semplice, no? Certamente è mancata, fin quando il luogo comune, il pensiero comune andava in una direzione conservativa, è evidente. È più comodo arginare una donna in un ruolo, attraverso la maternità - che dovrebbe essere un aspetto meraviglioso dell'esistenza, invece la maternità è stata anche un giogo, anche nel Novecento: non stiamo parlando di secoli fa, stiamo parlando di non tanto tempo fa; si doveva passare dalla maternità per essere complete, se no si era a metà, che è una visione bizzarra, no? Perché noi siamo degli individui. Un uomo non è considerato una metà vuota se non fa un figlio, un uomo può benissimo non fare un figlio anzi, è "ganzo". Una donna che non fa figli, che non fa crescere una struttura familiare è incompleta, non ha fatto quello che doveva fare. Io credo che adesso le cose siano cambiate però fare il punto su questa scelta di non avere figli o comunque sulle vite di donne che non hanno avuto dei figli ma che hanno fatto tantissime altre cose sia enormemente importante perché non è un destino obbligato, è un destino scelto, e la scelta dovrebbe essere alla base di una società civile, di una società in cui uomini e donne contano uguale. E tu devi essere considerato - considerata in questo caso - per quello che vali, per quello che sei, per la tua integrità, per i tuoi valori, no? Non perché sei una cosa o sei un'altra, perché rientri in un ruolo e non rientri in un altro. Il valore di una persona è indipendente da questo, il valore è valore in sé. Se poi decide di comporre una famiglia, fare dei figli eccetera benissimo, però chi non lo fa e non l'ha voluto fare ha gli stessi identici diritti e la stessa dignità umana di chi invece è all'interno di una struttura consolidata, di una struttura che è la tradizione, soprattutto nel nostro Paese. All'estero la situazione è diversissima: nei Paesi nordici, che io amo molto e che visito spesso, siamo in un altro pianeta. L'Islanda, che è una piccola isoletta su cui io ho scritto un libro tra l'altro, in giro uomini e donne quasi non si riconoscono nella vita pratica. Hanno dei figli? Non c'è il minimo problema che se ne occupi la madre o che se ne occupi il padre. Ci sono uomini che non hanno figli? Benissimo. Ci sono donne che non hanno figli? Benissimo. Non c'è un imperativo a procreare, ed è la cosa migliore perché procreare non è qualcosa che ti viene imposto, altrimenti non sei una persona grande, intera, matura, sviluppata eccetera. E questo fa una grandissima differenza, fa una grandissima differenza. Noi oggi in Italia purtroppo nel 2014 siamo ancora legati a certi schemi, a certe richieste per le donne, e se una non si uniforma è comunque strano. A me quando dicono: "lei ha figli? E i suoi figli?", io dico: "no, non ho figli"… "mmh". C'è quel piccolo… e allora a me viene spontaneo dire: "ma perché è un problema?", e a quel punto la risposta è: "no, no, no, non è un problema", perché è forse la determinazione con cui rispondo, che è anche semplice. Non è un problema."soggetto giudizio sociale


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