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Associazione Orlando: "La ricchezza delle narrazioni sulla non maternità"



Il confronto sull'aborto start 00.51:04end 00:58:41 Le testimoni si confrontano sull'esperienza dell'aborto vissuta direttamente o indirettamente. A partire dall'esperienza personale, Franca sostiene la necessità di scardinare la narrazione dell'aborto come esperienza traumatizzante. Angela combatte il principio dell'obiezione di coscienza attraverso cui terzi possono intervenire sulla scelta di una donna a interrompere la gravidanza, mentre è incoraggiata la fecondazione assistita.trascrizione MARIA ROSA: "Non mi è mai successo di dovere abortire perchè ritengo che sia un'esperienza traumatizzante."

FRANCA: "Io invece dico il contrario. Assolutamente, nel senso che per me l'aborto non è per niente esperienza traumatica, affatto e l'ho sempre dichiarato anche in ambito pubblico. Nel senso: non ritengo affatto l'aborto un'esperienza traumatica e ritengo che nella misura in cui tutti e tutte continuano a sostenere che lo sia, inevitabilmente lo sarà perchè i margini per vivere questa esperienza… cioè se tutti, e questo succede anche nel movimento delle donne, ti dicono continuamente che abortire è un'esperienza traumaticissima. Quindi se tu vivi questa esperienza inevitabilmente ti troverai a dire, a convincerti del fatto che hai vissuto un'esperienza traumatica. Fortunatamente io quando mi sono trovata a viverla ero già abbastanza radicata in me stessa per cui non è stata affatto un'esperienza traumatica, è stata un'esperienza liberatoria, per niente traumatica, l'ho fatto per due volte. Cioè è un intervento che come non hai piacere di toglierti il dente del giudizio, ovviamente non hai piacere di finire sotto i ferri, di fare un raschiamento, ma tutto quel contorno di cose che ci sono attorno… è l'induzione al vivere. Io ho fatto parte di un collettivo femminista che ha fatto manifesti dicendo "l'aborto non è un dramma, non è necessariamente un dramma", assolutamente. Questo deve essere detto!"

FEDERICA: "Io ho due amiche, abbastanza strette; quindi, non sono esperienze dirette ma indirette, che dopo anni e anni di amicizia e comunque di estrema intimità, mi hanno confessato di aver abortito.
L'esperienza di una in particolare mi ha colpita perchè praticamente mi ha raccontato che ad abortire quel giorno in questa clinica privata ovviamente, erano in sei. Una di loro, all'ultimo momento, ha cambiato idea, ha detto: "non voglio abortire più". È scattato l'applauso generale da parte delle altre ragazze, da parte dei medici, degli infermieri; è anche questa idea comunque di dire "ho il coraggio di farlo comunque", come se la maternità fosse una questione di coraggio, come se fosse una questione di dire: "sì, mi prendo in carico ciò che mi è capitato biologicamente e lo porto a termine perchè è giusto che sia così in base ad una struttura storica, culturale che me lo sta imponendo e io addirittura ricevo degli applausi per sottoporre la mia esistenza a questo tipo di schema, a questa formula".

ANGELA: "Io trovo che la cosa più allucinante, prima di tutto, sia essere in un paese dove ci sono stati almeno - io non ero manco nata -, otto-nove anni di lotte per avere una legge che almeno facesse uscire l'aborto dalla clandestinità e che questa legge dopo trent'anni sia quasi completamente disapplicata per un motivo che si chiama "obiezione di coscienza", e che dà un potere enorme a persone che sono medici, che possono essere uomini o donne tra l'altro, che sono medici e che in questo hanno un'enorme voce in capitolo perchè loro possono dire che il nostro gesto, la nostra scelta di non diventare madri è sbagliata. Già su questo io rifletterei molto perchè anche se abbiamo detto "la non maternità non è più un tabù", dall'altro lato però noi abbiamo una serie norme che, volendo, la rendono impraticabile, perchè tu puoi essere incappata in una gravidanza, davvero perchè appunto incappata, era tutto ma non quello che volevi ottenere, potresti fare un intervento che oggi è semplicissimo perchè volendo preso in tempo oggi c'è l'aborto farmacologico, che non è neanche invasivo e doloroso come era l'aborto chirurgico, e in realtà dall'altro lato ti trovi uno, una che è stato intitolato dalla legge a dirti "la tua scelta per me è inaccettabile, tu non puoi abortire, diventa madre". Perchè l'obiezione di coscienza significa questo in ultima istanza o al limite addirittura distingue tra donne ricche e donne non ricche perchè se te lo puoi permettere magari vai all'estero o in una clinica privata e puoi comunque ottenere il tuo aborto; ma quello che sta alla base è il fatto che c'è qualche cosa ancora nel nostro sistema culturale, legale, economico che la non maternità la dequalifica completamente, addirittuta toglie a te il potere di decidere su questa cosa. Poi su quello che è il vissuto di una donna durante prima o dopo l'intervento effettivamente io non mi permetto di generalizzare ma cerco di notare almeno le grosse contraddizioni che ci sono, perché se da un lato c'è questo accento su l'intervento medico pericoloso dell'interruzione volontaria, che tra l'altro è ascientifico, perchè secondo me non ha alcuna base scientifica, - non è pericoloso oggi, è pericoloso se eseguito alla venticinquesima settimana clandestinamente, ma non se lo prendi (in tempo), no? - , ma mettiamo questo un attimo da parte. Prendiamo la fecondazione assistita: quanto ci vuole per ottenere una gravidanza con la fecondazione assistita? Ci vogliono tre, quattro mesi e ci vuole soprattutto un'altra donna che presta il suo corpo con interventi medici molto invasivi che servono a produrre più ovociti da dare alla donna che vuole rimanere incinta. Di tutto questo nessuno parla mai, non esiste. La fecondazione assistita è una cosa bellissima, oggi possono fare bambini tutti, mica qualcuna soffre, che poi magari non è neanche la madre committente, quella che vuole rimane incinta, magari a soffrire è l'altra donna, quella che ti deve dare gli ovociti, ma di questo non ci racconta mai nulla nessuno, dobbiamo andarlo a ricercare noi perchè magari abbiamo degli interessi da attiviste femministe. Per me questo è veramente un abisso enorme. Non è in questione, se devo io dall'esterno giudicare la sofferenza o il dolore di un'altra donna, ma per me in questione è il quadro che ci hanno preparato e il sistema in cui dobbiamo muoverci, insomma. Poi certo è vero che se io fossi lesbica, completamente lesbica, se non avessi alcuna tendenza bisessuale, io potrei saltare a piè pari la questione. Adesso farò un esempio che forse è al limite, e però è l'esempio che faceva già la Thomson negli anni ‘70, l'argomento scivoloso, lo stupro. Noi abbiamo comunque una base per cui dovrebbe essere il minimo comune denominatore quello che le donne possano decidere, "io interrompo questo processo biologico perchè non lo voglio, semplicemente", dovrebbe essere assolutamente scontato. Poi con Piera, con molte altre anche al centro delle donne ne parlavamo. L'altro lato è ricreiamo meccanismi di vicinanza, di solidarietà - poi solidarietà è una parola che neanche mi piace molto -, ma di complicità magari tra donne, sfere in cui effettivamente questi argomenti non siano più il privato da nominare a bassa voce, magari solo con l'amica del cuore, ma qualche cosa su cui possiamo ricominciare a prendere parola pubblicamente. È forse il periodo che noi non vissuto, che magari guardiamo quando guardiamo dei documentari sugli anni ‘70 però è un periodo che a me farebbe molto piacere far esplodere, rifar esplodere. Per chiudere, dovremmo rifar riesplodere tutto questo. Lunadigas è un ottimo enzima."
soggetto obiezione di coscienza fecondazione assistita trauma aborto


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