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Lea Melandri: "Il femminismo è stato un atto straordinario di nascita"



Sibilla Aleramo start 00:22:24end 00:33:23 Lea Melandri racconta il suo percorso nel femminismo collegato a doppio giro alla scoperta di Sibilla Aleramo, a partire dalla lettura di "Una donna" fatta a quattordici anni fino alla curatela dei suoi ultimi diari ("Un amore insolito"), ma anche alla psicanalisi che le ha permesso di ascoltare la sua "memoria del corpo". Melandri presenta il femminismo degli anni Settanta come momento della sua grande nascita come donna e individuo al di fuori delle funzioni riproduttive o di conservazione della vita. Melandri affronta il tema del corpo come fondante della sua scrittura, definita come "scrittura di esperienza" e parla del suo ultimo libro "Amore e violenza".trascrizione LEA MELANDRI: "C'era sicuramente, in questo libretto che avevo trovato a quattordici anni, un accenno alla vicenda autobiografica di Sibilla Aleramo, il fatto di questo matrimonio di cui racconta nel romanzo "Una donna", l'abbandono del figlio quando lei decide di lasciare il marito e il figlio. Il figlio poi l'avrebbe voluto tenere, ma allora per la vicenda non era possibile. Quindi, insomma, Aleramo che sceglie fra essere madre e donna, dice: "in me la madre e la donna non si integravano"… che è la vicenda che racconta nel romanzo "Una donna". Io l'avevo letto, poi l'ho ritrovato negli anni del femminismo. Però non mi aveva ancora colpito molto, sicuramente era rimasto - credo - il segno più che della lettura del libro; era rimasta - a quattordici anni - l'idea di questa vicenda di provincia, un matrimonio non voluto, qualcosa che forse, chissà, prefigurava anche un destino mio. Lì eravamo nel Novecento, è stato nel 1905 che è uscito il libro "Una donna" che fece molto discutere. Era la prima volta che si metteva in discussione così, con tanta consapevolezza, la dedizione materna, il sacrificio materno, la perdita… questo - come dire - trasferire la propria vita sull'altro. Insomma, era stato un libro molto importante all'epoca. E molto importante nella riscoperta che ne ha fatto il femminismo, che era il momento in cui si mettevano in discussione i ruoli ed era stato per me il femminismo, quello che ho conosciuto, all'inizio degli anni '70, quello della pratica dell'autocoscienza, della pratica dell'inconscio, il femminismo che scopriva l'individualità femminile in cui si diceva: "le donne finora sono state inesistenti non perché non siano esistite, ma sono esistite dentro a dei modelli, dentro a una visione del mondo che non hanno creato loro". E si parlava di violenza invisibile per dire la visione del mondo fatta propria, interiorizzata, ma dettata da altri. Quindi era la scoperta dell'individualità femminile. Si diceva: "le donne sono state espropriate del loro essere individui, persone; sono state collocate dentro a delle funzioni, a dei ruoli come destino, naturalizzati". Ecco, per me questa è stata la grande... come dire un'altra nascita, era la nascita nella consapevolezza. Mi permetteva di rileggere la mia vicenda, che era stata una vicenda anche di grande solitudine, di dolore, di rileggerla in questa chiave di riscoperta di una possibilità per le donne di viversi come individui, come persone non necessariamente né riproduttive, né adibite alla conservazione della vita, ma come individui, come persone. Quindi è stato un atto di nascita straordinario, per me, il femminismo. Ecco lì - come dire - la vicenda personale del non aver avuto figli e questa nascita, questo senso nuovo che davamo alla singolarità del nostro essere, ecco lì si sono incrociate. Lì probabilmente l'interrogativo sul perché non aver avuto figli è andato perso, si è perso immediatamente, cioè non c'era mai stato molto forte e lì si è perso del tutto, perché lì nasceva questa possibilità. E io penso che per molte della nostra generazione - molte hanno avuto anche figli allora - , però c'erano più che donne del passato, figure esemplari come dicevi tu, io ho visto attorno a me delle donne che in quel momento scoprivano con felicità la loro esistenza. È vero le madri sono state penalizzate nel decennio degli anni ‘70, molto penalizzate, nel senso che non si discuteva della maternità, dell'avere figli nel senso di madri reali diciamo. Nei convegni erano sempre appartate, perché non si faceva molta attenzione. Si è discusso molto da figlie ecco: il femminismo è stato una generazione di figlie che si ribellavano alle madri. Quindi lì mi sono ritrovata perfettamente. E ho pensato che si apriva un cammino che poteva durare una vita. Questo interrogativo e questa costruzione su di sé, di sé come persona, come individui, io ho pensato sempre che durava una vita. E per me così è stato. E poi la scoperta dell'Aleramo è avvenuto in un modo abbastanza particolare, perché alla fine degli anni ‘70 era uscito il primo libro. L'Aleramo aveva lasciato in due enormi valigie i suoi diari, tutta la produzione dei suoi diari, che ha occupato moltissimi anni e che forse - almeno a mio avviso - è la scrittura più interessante, più originale di Aleramo, più che le poesie e altro. L'ha lasciata a Feltrinelli, aveva bisogno di soldi, l'ha venduta a Feltrinelli. La casa editrice li ha tenuti da parte, non li aveva mai... erano scritti a mano, non li aveva insomma pubblicati in sostanza. E lì è stata Alba Morino, che era dell'ufficio stampa, lavorava alla Feltrinelli e aveva pubblicato… "Gli ultimi anni", il "diario degli ultimi anni", mancava la parte che riguarda la relazione di Aleramo con Franco Matacotta. Aleramo sessant'anni, lui vent'anni. Una storia madre-amante. E lì Alda Morino mi ha chiamato e ha detto: "ho questo inedito dell'Aleramo, secondo me è un libro che a te piacerà molto, madre-amante, ecco la questione del madre-figlio". E molte delle mie amiche hanno pensato… beh, non molte - insomma qualcuna, leggendo anche quello che ho scritto nella prefazione a questo libro, a questa parte di diario del rapporto con Matacotta, han pensato che io avessi figli. Molte hanno pensato che io avessi figli. Per questa centralità. Mentre anche in questo caso quello che a me interessava era proprio la diversità di età in questa relazione, che sicuramente avviene sul finale della vita, avviene quando l'Aleramo ha già sessant'anni e in questo c'è - come dire - evidentemente la vicenda di aver abbandonato il figlio. Questo sogno d'amore della fusione di due anime si innesta con la vicenda originaria della fusionalità tra madre e figlio. Questo per dire che la riscoperta è avvenuta a partire da questo primo diario, che si chiama "Un amore insolito", cui feci una prefazione. Poi lì in un anno io mi sono immersa nella lettura dell'Aleramo, mi sono riletta tutto più volte, perché quello che mi interessava era il sogno d'amore, quello che è stato anche… che ha avuto anche una centralità nella mia vita. Questo sogno, questo ideale di fusione di nature diverse. E però il percorso che lei fa attraverso questa scrittura, che non è un'autobiografia, è un'autoanalisi, è una scrittura che svela continuamente, lei ritorna continuamente su di sé, svelando qualche cosa che prima non aveva visto, non aveva la coscienza, e questo percorso che va verso l'autonomia dell'essere femminile, lei lo chiama proprio come arrivare ad un'autonomia profonda, ad un vivere per sé, come sciogliere questo sogno che sei completa solo attraverso l'altro, che riguarda il figlio, riguarda l'amante, riguarda in generale il "due" della coppia come ideale, come ricomposizione ideale di quello che la storia ha diviso. Per dire che poi questa riflessione sull'Aleramo mi ha accompagnato per tutti gli anni Ottanta, anni in cui ho fatto anche una lunga analisi che mi ha permesso di… appunto, come dire, di vedere che cosa il femminismo aveva portato allo scoperto della mia vita, ma [ancheuanto residuo, quanti sedimenti profondi, quella che io chiamo la "memoria del corpo". Io spesso del passato non ho ricordi, già il ricordo è qualcosa che tocca la coscienza. Nella memoria del corpo ci sono dei sedimenti, delle schegge del passato, quelle che probabilmente danno un'impronta più duratura, ma che non arrivano neanche ad essere dei ricordi. Nei miei libri la parola "corpo" c'è continuamente, se me la tolgono si dimezza tutto il mio lavoro, sparito. E però era come la terra cui io tendevo, il poter dire del corpo, dire l'indicibile, dire quello che si è sepolto nella memoria del corpo. Per me è stato sempre più un orizzonte, una meta, qualcosa cui... Quindi questa insistenza sulla parola "corpo", che non viene mai specificata poi… Io dico poco dell'esperienza corporea. La parola "sessualità" moltissimo, ma dico poco della sessualità però la indico, l'ho sempre indicata, probabilmente come quel terreno dove sono sepolte gran parte delle mie esperienze personali. E anche l'insistenza sulla scrittura di esperienza che non è l'autobiografia, ecco, questo io credo che sia legato proprio… perché nella scrittura di esperienza si lavora per frammenti, per schegge che vanno a pescare in profondità. L'autobiografia ricostruisce a tutto tondo, tende a ricostruire. Questo per dire quanto sono legate tutte queste vicende e quanto, indirettamente, la questione madre-figlio c'entra, ma c'entra dalla parte del figlio, sicuramente. Io non mi sono mai identificata nella figura della donna-madre. Anche quando ho trattato questo tema, quello che mi ha intrigato era lo sguardo del figlio, che è quello con cui io ho guardato a questo corpo materno così che è stato una presenza... Io dormivo in camera con i miei, per dirti fino a vent'anni. Quindi i loro corpi sono stati presentissimi e hanno segnato anche dolorosamente, forse, anche felicemente - non lo so - dolorosamente, felicemente… l'ultimo mio libro si chiama "Amore e violenza" e tutti mi hanno detto: "che titolo truculento!". Io ho detto: "beh, forse". Io ci ho ripensato: sì, era un titolo d'effetto, però per me sono state molto intrecciate, in queste notti in cui ho vissuto, in cui ho dormito, condiviso questa fisicità con la mia famiglia, lì erano legate. Non ho mai capito dove finiva l'uno e cominciava l'altra. C'è voluto il femminismo per ragionare su questo tema. Quanto dall'amore... perché dall'amore nasce tanta violenza? Oggi poi è un tema purtroppo su cui cominciamo finalmente a ragionare. Perché succede? Dall'amore. Non succede "per" amore, è vero, ma l'amore c'entra. Se è vero che è da lì che si sviluppa ogni volta questa… questo… Quindi insomma, non ho avuto figli ma ci ho ragionato attorno parecchio."]]>soggetto femminismo anni Settanta scelta maternità autocoscienza scrittura letteratura anni Ottanta psicanalisi corpo sessualità violenza amore persone citate Morino, Alba (curatrice editoriale) [persona citata] Aleramo, Sibilla (scrittrice) [persona citata] Matacotta, Franco (scrittore) [persona citata] Ente e ruolo Feltrinelli


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