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Lea Melandri: "Il femminismo è stato un atto straordinario di nascita"



Quando fai un figlio? start 00:01:36end 00:09:49 Lea Melandri racconta di non aver subìto richieste pressanti sulla maternità non essendoci mai state attese in tal senso sulla sua persona né da parte della famiglia d'origine né da parte della comunità allargata. Da sempre considerata destinata allo studio, percepito dai genitori come elemento di rivalsa sociale, Lea racconta la sua infanzia a Fusignano, in Romagna e descrive le dinamiche uomo-donna, anche violente, tipiche del territorio. Lea Melandri racconta l'episodio doloroso del suo matrimonio cattolico, avvenuto per forzatura dei genitori, durato 3 mesi e annullato dalla Sacra Rota per vizio di consenso, in seguito alla sua fuga per Milano.trascrizione LEA MELANDRI: "No, devo dire per mia fortuna, forse è una storia un po' particolare, non me lo sono… nessuno me lo ha mai chiesto. Perché? Intanto perché non desideravo... si capiva che non avevo nessuna propensione per il matrimonio, per le convivenze, per la vita di coppia, per creare una famiglia. Ecco sì, si è capito, cioè la mia è una storia, ripeto, un po' particolare. Perché sono figlia di... vengo da una famiglia contadina, molto povera, di mezzadri di Romagna. Il mio paese è Fusignano, in provincia di Ravenna. Era una famiglia numerosa, eravamo otto, tre nuclei famigliari. Io ero figlia unica ma di una famiglia numerosa, perché eravamo tre nuclei familiari, stipati in una cascina, in due stanze senza bagno, quindi una condizione davvero… fino agli anni Sessanta, cioè fino a quando ho avuto vent'anni, era da "L'albero degli zoccoli". Quindi una condizione contadina di grande povertà. E io figlia unica, pur - dicevo - in questa famiglia numerosa e questa passione per lo studio evidentemente mi ha configurato subito come un elemento anomalo. E per fortuna questi due genitori hanno evidentemente… avere una figlia… (poi avevo i capelli rossi, nessuno in famiglia aveva i capelli rossi ricci) che studia, che è brava a scuola. Evidentemente hanno investito su di me, cioè hanno visto una possibilità anche di riscatto sociale. Quindi io mi sono pensata un po' come un'idea dei miei parenti. Ero né figlia, né maschio né femmina, ero un essere un po' anomalo. Da parte dei miei genitori non c'è mai stata un'indicazione, non si profilava un futuro di moglie, di madre, di altra famiglia. Semplicemente mi dicevano: "se non sei brava a scuola, cioè se prendi un 5…" perché l'immagine era questa: "vai o a fare la sarta o a zappare". Io temevo più far la sarta che zappare, ma insomma entrambe le cose non mi hanno costituito uno spauracchio di fondo. Ma mai, ecco, non c'è mai stata l'idea… non ho mai sentito nel loro sguardo, nel loro affetto e, soprattutto, nel loro impegno, nei loro sacrifici per farmi studiare, non c'era la prospettiva del destino femminile. C'era l'idea di qualcosa d'altro - ripeto - molto anomalo, perché io vengo appunto da famiglie contadine, dove nessuno aveva mai studiato, dove le donne si sposavano anche presto, lavoravano nei campi e quindi non c'è stata quest'idea. Anzi, mi ricordo che, se devo dire una di quelle frasi che restano scritte nel cuore, nella mente, a caratteri di fuoco, di mio padre al primo innamoramento… mio padre mi ha detto: "o si studia o si fa l'amore". Io ho detto: "studio, naturalmente. Studio". E così è stato. Quindi, io direi che sono stata un po'… ero la loro figlia che studia. E tale - devo dire - anche adesso che non ci sono più, tale mi penso ancora. Cioè io sono la loro figlia che ha studiato, che ha avuto questo destino. E pur crescendo in un paese dove il destino delle donne era quello di far famiglia, devo dire che il fatto che io studiassi con tanta passione - io ho fatto un buon liceo di provincia a Lugo di Romagna -, questa passione di studio, in qualche modo, è come se mi avesse creato una cortina protettiva rispetto a quello che è l'attesa non solo della famiglia ma del paese. Poi, è vero, ci sono state vicende più complesse, anche molto più dolorose di un matrimonio. Un matrimonio c'è stato nella mia vita. Durato tre mesi, ma un fidanzamento che l'ha preceduto… in questo però - devo dire - è stato qualcosa di... una forzatura, qualcosa di imprevisto, di forzato anche per i miei genitori che - ripeto - non avevano per me l'idea, non mi hanno mai dato l'idea: "ti devi sposare, sarai madre, moglie".
Non ricordo di aver avuto bambole, non ricordo di aver avuto giochi femminili. Nel senso che in campagna… Ecco, i ricordi più belli sono quelli dell'infanzia, della pre-adolescenza, anche - ripeto - durissimi, perché questi miei parenti lavoravano in campagna, un lavoro duro, c'era anche molta violenza, nel senso… determinata, anche nei rapporti uomo-donna, molto violenti. Donne… ecco, figure molto ambivalenti, molto ambigue. Donne forti, queste donne romagnole, che erano tanto lavoratrici quanto ballerine di liscio eccezionali, vitalissime. E anche con un forte potere affettivo e di cura, diciamo rispetto ai loro uomini, ma sottomesse. Quindi sono uscita - diciamo - da questa famiglia con le idee un po' confuse sulla relazione uomo-donna e con l'idea che il mio destino era diverso. Non mi sono mai posta il problema. Però questo matrimonio è stata una parentesi dolorosissima - dicevo. Le ragioni poi profonde sono tante, andrebbero analizzate. C'è stata una forzatura dei miei, nel momento in cui mi ero fidanzata. In paese ci si fidanza in casa. C'è stata una forzatura dei miei genitori, a quel punto bisognava sposarsi. Io ho detto che non avrei voluto. Tra l'altro poi avevo lasciato delle testimonianze: lettere alle amiche in cui dicevo che ero contraria al matrimonio, che non volevo figli, quindi c'erano tutte le condizioni, diciamo, per pensare un destino completamente diverso. E quindi questo matrimonio è avvenuto nella mia contrarietà: i miei genitori hanno obbedito a una logica un po' di paese, un po' di bisogno, anche. Perché intanto quello che sarebbe stato il futuro marito aveva costruito una casa dove sarebbero andati i miei, quindi avevo due case, un cortile in mezzo, stretta fra due famiglie. È una storia dolorosa, di cui ho sempre parlato molto poco, anche per rispetto delle persone implicate in questa vicenda, durata tre mesi. Mi sono sposata nel luglio del ‘65 e nel settembre del '66 ho preso servizio, ero già di ruolo, a venticinque anni, nel mio liceo, coi miei professori, eccetera. E una mattina ho preso il primo treno, naturalmente una decisione maturata nel profondo da anni, e sono arrivata a Milano. E lì è cominciata un'altra storia.
Dicevo, questo passaggio è stato molto doloroso. Che poi ha avuto strascichi, ovviamente. Sai, figlia di contadini, brava a scuola, tutto a posto, tutto regolare. Nella vita del paese ero una figura esemplare. Quindi questa fuga nel ‘66 da un paese, un piccolo paese contadino, naturalmente ha avuto degli effetti anche sulla mia famiglia, che per fortuna è una famiglia, devo dire, due genitori, due ballerini di liscio, lavoratori eccezionali, generosissimi, i quali - dopo anni - han detto: "sì, dopo quella disgrazia che abbiamo avuto che ci è scappata la figlia, abbiamo ripreso a ballare". Questo lo racconto per dire quanto questi due genitori mi hanno amato, pur in questa vicenda. Un matrimonio che poi è stato annullato dalla Sacra Rota, perché il marito era cattolico e anche io allora. E sono molto contenta, devo dire, non sono più cattolica da tanti anni. Però che sia stato annullato, come non avvenuto, per me è stato molto importante. Perché non è mai avvenuto. In realtà io avevo lasciato testimonianze, c'erano tutte le clausole del vizio di consenso, tutte le clausole che prevede la chiesa cattolica per l'annullamento, compreso il fatto di non aver avuto rapporti sessuali. E quindi, come dire, questa vicenda… ripeto, le ragioni sono molte, sono profonde, però non ha intaccato, ecco, diciamo, questa continuità nell'idea mia, di me stessa, che non avevo nessuna intenzione di fare famiglia, di fare figli, di essere madre, moglie…Non c'era quest'idea."
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