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Matilde e Filippo: "Per la nostra generazione è strano chiedere se si hanno dei figli"



Lavoro e genitorialità start 00:16:49end 00:22:36 Matilde e Filippo continuano a discutere sulla questione lavorativa legata alla genitorialità, per la quale gli uomini in Italia sono meno soggetti a rinunce in ambito di impiego in quanto la responsabilità dei figli ricade ancora maggiormente sulla figura della madre.trascrizione MATILDE: "Purtroppo c'è un'alta percentuale di datori di lavoro in Italia che appunto non sono corretti nei confronti delle questioni della maternità, però tante - io penso ad esempio a mia cugina, ha appena avuto un figlio, lei è laureata in Economia, lavorava, ha avuto il figlio, ovviamente ha smesso durante la gravidanza e non è contemplato il fatto di tornare a lavorare, perché il papà lavora tanto e poi mica puoi far crescere il figlio con le tate… non lo so, una ragazza di trent'anni che si è fatta il suo percorso di studi, si è laureata, poi per cosa?"
FILIPPO: "Vabbè ma il lavoro non è sempre tutto, eh? Cioè è giusto realizzarsi nella carriera, nel lavoro però, secondo me, anche la famiglia, avere le persone che ami attorno… credo che sia ancora più importante."
MATILDE: "Perché non puoi avercele se lavori?"
FILIPPO: "No, devi avercele se lavori. Però tu ne parli come se fosse tutto un…"
MATILDE: "Io penso che una ragazza di trent'anni che rinuncia a qualsiasi tipo di lavoro, dopo aver fatto un percorso di studi che sicuramente voleva portare…"
FILIPPO: "Non è una rinuncia, non è che nei prossimi quindici anni …"
MATILDE : "Lei ha deciso di smettere di lavorare."
FILIPPO: "Ma quella è una scelta personale, non è che l'hanno costretta…"
MATILDE: "Però trovo triste il fatto che una ragazza di trent'anni consideri anche solo il fatto di smettere di lavorare o di portare avanti qualsiasi tipo di attività che sia al di fuori della famiglia, che non sia andare a fare shopping con le amiche. È triste perché ha studiato, ha fatto l'università, ha fatto Economia, che è un'università che non fai…"
FILIPPO: "Ma non lavorerà più lei?"
MATILDE: "No, non lavorerà più. Ha fatto Economia che non è un'università che fai per piacere culturale o di conoscere, l'ha fatta con un fine ben preciso e pratico per andare a lavorare."
FILIPPO: "Sì, ma le tue prospettive magari cambiano durante la tua vita. Se lei è felice con quello perché non può farlo?"
MATILDE: "Sì, ovviamente lo può fare. Trovo che nel 2021 pensare che per una ragazza, appunto di trent'anni, con la testa e le possibilità di lavorare e realizzarsi anche lavorativamente parlando e avere la propria indipendenza, pensare che lei possa contemplare l'idea di stare a casa semplicemente con i figli ad aspettare suo marito a casa, pensare che questo sia soddisfacente per il resto della sua vita lo trovo, posso dirlo, ancora bello arretrato."
FILIPPO: "Ma magari fra tre-quattro anni si stufa e ricomincia a lavorare."
MATILDE: "Questo è quello che mi auguro."
FILIPPO: "Se adesso è felice così, non ci vedo nulla... anzi, beata lei!"
MATILDE: "Ovviamente dipende anche dalla condizione... ovviamente può permettersi anche di non lavorare, anche se non trovasse poi lavoro a quarantacinque anni, non sarebbe una tragedia; cioè il lavoro per lei sarebbe più una questione di realizzazione personale."
FILIPPO: "A me sembra che tu, per come sei fatta tu, io capisco che la tua ambizione è avere una gran carriera, un gran lavoro e realizzarti in quel modo. Però devi capire che non sono tutti uguali, magari invece la sua ambizione è avere una famiglia con cui sta bene, felice e non necessariamente realizzarsi invece nell'ambito lavorativo. Cioè siccome tu devi porti anche un po'…"
MATILDE: "La realizzazione nell'ambito lavorativo non richiede per forza… cioè, non devi essere il manager che lavora 200 ore settimanali e non torni mai a casa e non stai mai a casa e non passi tempo con la tua famiglia o non passi tempo neanche con te stesso, da solo tranquillo; quella non è per forza realizzazione personale, puoi essere insoddisfatto facendo anche una vita del genere dal punto di vista lavorativo. Io parlo: non lavorare ti porta a non avere, ed essere votato semplicemente alla tua famiglia, ai tuoi figli e a tuo marito ti porta a non aver nessun tipo di - nessun tipo forse no - comunque non avere una realizzazione consistente, tua, propria, personale, di un lavoro che fai tu per te stessa. Questo non vuol dire che tu debba privare la tua famiglia di tutto il tuo tempo; puoi fare qualsiasi tipo di mestiere, puoi fare un lavoro part-time se decidi che per te la tua famiglia è molto importante o un lavoro da casa se decidi che vuoi passare il più tempo possibile con la famiglia, non sto dicendo che tu non debba stare a casa, non ci debba stare con la tua famiglia e il lavoro debba essere per forza da manager superstar…"
FILIPPO: "E allora cosa stai dicendo?"
MATILDE: "Dico che, dal mio punto di vista, una persona, soprattutto una donna, dato il trascorso culturale e storico che abbiamo, deve lavorare; ma è anche un dovere nei confronti anche, appunto, per i trascorsi culturali e storici che abbiamo. Arriviamo fino a qua e poi cosa facciamo? Stiamo a casa, per scelta decido di stare con la mia famiglia a casa e non lavoro mai più e mi faccio mantenere da mio marito? No!"
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